Penso che siano in pochissimi quelli a conoscere la vera storia di Pontida. Non mi riferisco al giuramento del 7 aprile 1167 durante il quale un nucleo di comuni del Nord con un atto federalista si giurava alleanza contro l’imperatore. (È doveroso ricordare che il comune di Varese aveva scelto di stare con il Barbarossa).
Vi racconto oggi come nacque la voglia di Pontida nella grande mente di Bossi, un’intuizione che da subito mise in agitazione gli animi dei maggiorenti politici di allora, tanto che Craxi (il più intelligente dei “romani”) corse anche lui a Pontida, ricevuto in pompa magna dall’allora Abate Giustini Farvedi, che nei nostri confronti aveva manifestato qualche riserva. Correva l’anno 1989, io sedevo alla Camera dei Deputati, X legislatura; Umberto al Senato. Tra il 18 e il 20 agosto di quell’anno si celebrò per la prima volta in Europa la giornata mondiale della gioventù a Santiago di Compostela: un evento mondiale di cui tutti i media avevano dato giustamente notizia con grande enfasi. Ragazzi di tutta Europa erano corsi a Santiago per incontrare Giovanni Paolo II: chi a piedi, chi in bici, chi a cavallo, insomma con tutti i mezzi per poter esserci. Si contarono 600.000 presenze alla messa di chiusura. Parlando con Umberto di questo evento, nella sua mente scattò l’idea di una manifestazione per radunare tutti i nostri. Da fare dove? L’ipotesi subito cadde su Pontida. L’abbazia di Pontida è intitolata a San Giacomo, che ne custodisce una preziosa reliquia: proprio quel san Giacomo che arrivò fino a Santiago per portare il Vangelo. Questa similitudine rafforzò l’idea in Bossi dando il via alla kermesse. Parlando con i militanti, tutti raccontano di essere stati presenti fin dall’inizio, ma non fu così: nella prima edizione di settembre 1989 i presenti si contavano sulle dita delle due mani, poi con la crescita del movimento anche Pontida divenne tumultuosa e un momento irrinunciabile per tutta la militanza. Da Pontida vennero annunciate le vie da percorrere come opposizione e poi come governo.
Pontida ha avuto un valore non solo politico, ma anche spirituale. Nell’abbazia la seconda domenica di novembre celebravamo una messa in ricordo degli amici defunti durante l’anno. Correva il 2002, presso l’abbazia un gran numero di militanti erano accorsi per un momento di preghiera per la salute di Bossi e arrivò pure il Presidente Berlusconi, e fummo esauditi. Il palco della Pontida politica è stato testimone anche di molti spergiuri. Andate a rivedervi le varie immagini del palco, tutti in camicia verde, tutti con la mano sul cuore, tutti che cantavano il “Va’ pensiero”, una squadriglia di partigiani che avevano giurato pubblicamente fedeltà a quella magnifica idea politica che ogni popolo sarebbe diventato padrone a casa propria. La parola federalismo incuteva terrore a Roma, la quale si organizzò contro la Lega nel modo più semplice, sottraendole i suoi uomini.
Il segretario attuale rilancia Pontida. Annuncia la presenza non di un esponente del partito separatista catalano, ma della segretaria del Fronte Nazionale Francese, Le Pen. Ma come è possibile che la Lega da federalista si trasformi in fascista senza un congresso, senza un dibattito, senza una ragione? Riprendiamoci Pontida. Se con le regole della politica non è possibile, riprendiamocela fisicamente al grido: “padroni a casa nostra”. Proprio così.
Anni fa, per poter sottrarre il pratone che ospita la manifestazione alla speculazione edilizia, molti militanti (me compreso) si “tassarono” per acquistarlo; ora è giunto il momento di rivendicarne la proprietà. Un prato dal grande significato di libertà non può essere calpestato da nazionalisti non solo italioti ma pure stranieri.
Attiviamoci: è il popolo che ce lo chiede.
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