Dopo essere stato riclassificato tutt’altro che morto e semmai agitato e pronto ad esplodere a causa dell’attività vulcanica presente in vaste aree del sottosuolo, Marte continua a sorprendere. Anzi, rischia addirittura di essere un pianeta che smonterà un bel po’ di certezze. Una su tutte: quella che non abbia potuto ospitare la vita. L’ultima importante notizia che ha acceso gli animi e i cuori non tanto dei cacciatori di Alieni in carne ed ossa, quanto di coloro che inseguono prove certe e definitive sul possibile assemblaggio dei mattoni chimici utili allo sviluppo di forme di vita microbiotiche, si lega a depositi di sale – in strati sedimentari risalenti perfino a 3,8 miliardi di anni fa – e a probabili alternanze di cicli umidi e secchi, proprio come quelli terrestri. Le osservazioni si riferiscono al 2021 e alle foto scattate dal rover della Nasa, Curiosity, all’interno del cratere Gale.
La scoperta, pubblicata da Nature, è firmata da ricercatori francesi, dell’Università di Tolosa e del Laboratorio di Geologia dell’Università di Lione, che hanno operato in sinergia con colleghi statunitensi e canadesi. Nel loro lavoro hanno avuto un vantaggio: la superficie di Marte, a differenza di quella della Terra, non è modificata dai movimenti tettonici delle placche: questo fatto ha così permesso di conservare ampie aree di terreno di notevole rilevanza grazie all’abbondanza di fossili.
Il punto di partenza della ricerca è stato quanto aveva già rilevato Curiosity nel 2012, ovvero la presenza di semplici molecole organiche che possono essere formate da processi sia geologici sia biologici. Serviva però di più, nello specifico il reperimento di condizioni ambientali favorevoli all’organizzazione spontanea di queste molecole in composti complessi. Curiosity ha individuato fessurazioni del suolo dopo aver scavato un campione di materiale da un’area rocciosa chiamata Pontours e situata all’interno di una zona di transizione tra due strati, uno ricco di argilla e uno dotato di solfati (i minerali argillosi generalmente si formano in acqua, mentre i solfati tendono a formarsi quando l’acqua si asciuga). Quest’area prova che in un tempo “ics” i laghi e i fiumi del cratere Gale iniziarono a rimpicciolirsi in conseguenza del clima asciutto.
Nella fase di essicazione il fango si contrae e crea spaccature a forma di T, invece nella zona di Pontours una fase umida, successiva a quella secca, ha ammorbidito le fessure dando loro una forma di Y. Ed è stata l’unione di più Y a creare la rete di esagoni. Non è stato un episodio unico e occasionale: secondo gli scienziati l’alternanza tra secco e umido si è ripetuta e il fenomeno delle fratture esagonali è proseguito anche quando si sono depositati nuovi sedimenti.
Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che questo tipo di ambiente fornisce le condizioni ideali per la formazione di precursori complessi e di composti costituenti della vita, come l’acido ribonucleico. Ci saranno nuove osservazioni, anche in terreni dalla composizione simile: l’aspetto interessante è che gli studiosi di Marte ora sanno dove cercare le tracce dei processi naturali prodromici alla vita, prove che sulla Terra non sono invece più reperibili. “Siamo fortunati ad avere, non troppo lontano da noi, un pianeta che conserva la memoria di quanto potrebbe aver determinato la vita” è il commento di William Rapin, primo firmatario dello studio. Ora che il potenziale “calderone” è stato identificato, non resta altro da fare che introdurre il mestolo ed esplorarlo a fondo.
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