Una rivoluzione: è ciò che è avvenuto alla Openjobmetis all’indomani di un campionato a dir poco esaltante, concluso al sesto posto in classifica ma che non ha poi visto la partecipazione della squadra varesina ai playoff, pur guadagnata sul campo, a causa della nota vicenda legata al contratto del giocatore serbo Milenko Tepic (fatti che risalivano al 2019). Una Openjobmetis capace di risvegliare entusiasmi sopiti, concretamente dimostrati da ben 12 sold out consecutivi, evento forse mai registrato nella quasi ottantennale storia del basket varesino.
Sappiamo com’è andata: la squadra è stata praticamente smantellata, alla fine del gruppo tanto apprezzato e amato dalla tifoseria sono rimasti soltanto un giocatore del quintetto base, Tomas Woldetensae, e i due giovani Matteo Librizzi e Nicolò Virginio.
A metà giugno, poco dopo l’addio quasi contemporaneo del g.m. Michael Arcieri, del viceallenatore Paolo Galbiati e del giocatore più importante della rosa, Colbey Ross, il plenipotenziario Luis Scola si è sentito in dovere di convocare un incontro con la stampa per spiegare e, soprattutto, rassicurare: la società non si sarebbe fatta sorprendere da queste defezioni (le prime due del tutto impreviste) e il progetto di crescita non avrebbe subìto contraccolpi.
Successivamente la Openjobmetis ha perso anche l’allenatore Matt Brase, allettato dalle sirene della NBA, e Markel Brown, giocatore fondamentale per la ripartenza, sul quale si faceva gran conto.
Nondimeno, in tempi rapidissimi, Scola e i suoi collaboratori hanno riallestito il roster con il proposito di essere di nuovo competitivi in campionato e di guadagnare la partecipazione all’Eurocup, tornando così anche sulla scena continentale.
L’intenzione, anche in assenza di quasi tutti i protagonisti della scorsa stagione, è di ripercorrere la stessa strada, quella di un basket tanto rapido quanto spettacolare, puntando molto sul tiro da tre punti (ormai protagonista della scena ad ogni latitudine, con tutti i pro e i contro del caso).
L’impresa sarà tutt’altro che facile e ne indichiamo qualche ragione. Un primo elemento capace nello scorso campionato di favorire i risultati ottenuti sul campo è stato l’impatto dell’allenatore sul gruppo. Brase ha saputo essere incisivo e convincente, dando alla squadra un volto preciso e infondendo quella fiducia mai venuta meno neppure dopo qualche prestazione deludente. La speranza è che Tom Bialaszewski, il suo sostituto, sappia essere altrettanto efficace.
Tutt’altro che trascurabile anche la mancanza di un elemento come Giancarlo Ferrero; il capitano, per otto anni a Varese, è stato un fattore chiave in spogliatoio e stupisce che Luis Scola abbia deciso di farne a meno (l’intenzione è di riaverlo di nuovo a Varese tra due anni, a fine carriera, con un ruolo dirigenziale).
Detto questo, alcuni numeri della scorsa stagione ci indicano quanto forte sia stato l’impatto di alcuni giocatori non solo nell’ambito della squadra, bensì in termini assoluti.
Basti pensare a Colbey Ross, miglior giocatore del campionato per valutazione (21,6) e per falli subiti (6,1), secondo nella classifica degli assist (7,5) e terzo in quelle dei punti segnati (17,5) e della percentuale di realizzazione (50%, alle spalle del napoletano Williams e del veneziano Watt, dunque primo tra gli esterni). Sorprendente, in proposito, il fatto che giocherà nel Buducnost di Podgorica, dunque non in un prestigioso club di Eurolega, se non addirittura in NBA.
Tutt’altro che trascurabili anche i numeri di Markel Brown, quarto tra i marcatori con 16,9 punti a gara (finito a Gerona) e di Tariq Owens, miglior stoppatore del campionato e secondo nella graduatoria dei migliori tiratori (66,3%), che giocherà a Napoli con Giovanni De Nicolao.
Tutto questo per dire che per la rinnovatissima Openjobmetis non sarà affatto facile ripetere le gesta della squadra che l’ha preceduta.
Le novità, oltre che numericamente, sembrano rilevanti anche sul piano tecnico. La presenza di un giocatore come Willie Cauley-Stein già sposta di molto l’asse offensivo nelle vicinanze del canestro: pivot di 213 centimetri, classe 1993, Cauley-Stein vanta trascorsi di assoluto riguardo in NBA. Basti pensare che a Sacramento tra il 2017 e il 2019 ha concluso due campionati con 12,8 e 11,9 punti a partita a fronte di circa 28 minuti di media disputati.
Quanto agli altri giocatori, la scelta è caduta puntando molto sulla predisposizione al tiro da tre punti, in cui le guardie-play Davide Moretti e Winnie Shahid e le ali Olivier Hanlan, Sean McDermott e Gabe Brown, precedenti alla mano, sembrano eccellere.
Al campo la sentenza…
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