Per una mentalità come quella semitica di taglio concreto-simbolico difficile riusciva concepire l’idea di “nulla”, che emergerà nelle Scritture solo in epoca più tarda grazie alla strumentazione filosofica dei greci. Maccabei 2,7,28 (l’epopea maccabea è da collocare solo nel secondo secolo a.C.): la madre al più giovane dei sette fratelli martiri sollecitato da Antioco ad abbandonare le tradizioni dei Padri: ”Ti prego, figliuolo, guarda il cielo e le terra e osserva tutte le cose che sono in essi. Sappi che Dio le ha create non da cose esistenti e che allo stesso modo è stato creato anche il genere umano “. Il Prologo di Giovanni 1,3 così recita: “Tutto per mezzo di lui fu fatto e senza di lui non fu fatto, nulla di ciò che è stato fatto. In lui (nel Verbo) era la vita e la vita era la luce degli uomini e la luce nelle tenebre brilla e le tenebre non la compresero “.
Così Paolo nella Lettera agli Ebrei(11,3), che però è da attribuire ad autore ignoto della cerchia dei suoi discepoli: ”Per la fede noi comprendiamo che i mondi furono formati per una parola di Dio, di modo che da cose non visibili è derivato ciò che si vede”. La lettera scritta verso il 65 d.C. contiene la parte dottrinale dogmatica in I, 1-10,18. La Lettera ai Romani di Paolo, scritta nell’inverno 57-58, così recita nel preambolo (4,17). ”Ti ho costituito padre di molte nazioni, davanti a Dio (ad Abramo), cui egli credette come a colui che dà vita ai morti e chiama all’essere le cose che non sono”.
Secondo la Bibbia si ripete più che altro che il Signore non ha creato il mondo dove non c’era nulla, ma ha ordinato un substrato materiale preesistente, selvaggio, distruttivo, caotico, provvedendolo di fecondità. In ebraico il verbo principale che indica il creare bara nell‘equivalente punico designa l’opera dello scultore che plasma il blocco preesistente di pietra o di legno. Preesistente sarebbe la dimensione acquatica controllabile perché non si attenti al creato distruggendolo. V. anche Giobbe 38,11. “Poi gli ho posto un limite fissandogli catenacci e porte e gli ho ordinato : fin qui arriverai e non oltre”. Lo stesso libro della Sapienza (giudaismo ellenistico di Alessandria d’Egitto, 11,17) si riferisce a una materia senza forma.
Tre sono i simboli negativi che in ebraico esprimono ciò che è amorfo: il deserto (superficie vuota e squallida), le tenebre ( negazione della positività) e l’abisso (tehom, il dio mesopotamico del caos).Vi è pure da osservare che a differenza di quanto avviene nelle cosmologie mesopotamiche, per cui la creazione vedeva all’opera il contrasto accanito tra Marduk, il dio di Babilonia e Tiamat, la dea del caos acquatico, nella Bibbia la parola creatrice opera in modo autonomo, senza avversari. La creatura nata dalle mani di Dio, l’uomo e la donna, interviene in modo autonomo. Per la Sapienza dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro Autore (13,5).
È opportuno pertanto che i teologi per un verso e i protagonisti della ricerca scientifica per l’altro in vicendevole rispetto dei campi di competenza e disponibilità al confronto superino il piano dell’orgogliosa autosufficienza, senza apologetiche finalizzazioni, con sereno riscontro ed umiltà.
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