Dal punto all’”arco”, verrebbe da dire, ma sono sempre guai. L’estate si è aperta con le polemiche al calor bianco dopo il “niet” ministeriale all’espansione dell’area Cargo dell’aeroporto di Malpensa – decisione vivamente criticata da tutte le principali associazioni di categoria, a cominciare da Confindustria, il cui presidente Roberto Grassi ha proprio la sede della propria azienda nel comune più direttamente interessato, quello di Lonate Pozzolo. Si conclude ora con la “tempesta perfetta” delle chiusure o limitazioni di tutta una serie di valichi e tunnel alpini. Quasi a ricordarci che anche questi hanno diritto alla pensione, anche per conquistare una seconda vita. Succede infatti che tra interventi di manutenzione straordinaria programmata ed effetti del maltempo, il sistema dei trasporti che circonda il Nord Italia stia scricchiolando: una rete logistica che vede in qualche misura coinvolta anche la provincia di Varese. Fatto sta che gran parte dei tunnel stradali risale al periodo tra gli anni ’60 e gli anni ’70. Giusto gli anni della pensione appunto.
Andiamo con ordine: Il San Gottardo è per le nostre contrade il nodo più rilevante. Il 10 agosto, il deragliamento di un treno nei pressi di Faido ha messo fuori uso la canna ovest, con danni per una decina di chilometri. Risultato: traffico merci bloccato per una decina di giorni e traffico passeggeri sacrificato sulla linea “storica” (per fortuna mantenuta in servizio) fino al prossimo anno. Le difficoltà ferroviarie si scaricano sul tunnel stradale e qui la Confederazione sta lavorando al raddoppio del tunnel attuale, di 17 km, aperto nel 1980. Con un sofferto referendum (57% di voti favorevoli), in un paese che guarda tradizionalmente con sospetto al traffico stradale, che spesso è di “attraversamento”, nel 2016 era stato dato il via libera al raddoppio con l’impegno di non aumentare le corsie e quindi il traffico. Le due canne sarebbero cioè state a singola corsia, salvo il caso di chiusure per manutenzione o di incidenti. Dal 2019 a oggi si sono svolti lavori preparatori con anche lo scavo delle gallerie di servizio. Dal 2024 si partirà con le frese impegnate sulla galleria vera e propria e già oggi si riaprono le polemiche davanti alla prospettiva che, davanti alla crescita del traffico, le corsie vengano alla fine raddoppiate rispetto all’esistente.
A proposito di transiti ferroviari, va ricordato che dopo il Gottardo (57 Km, inaugurata nel 2016), nel 2020 è stata aperta anche la galleria di base del Ceneri (15,4 km) puntando verso Milano, ma questo non impedisce che una parte del traffico Nord-Sud passi anche dalla provincia di Varese, sulla direttrice Bellinzona-Luino-Gallarate, nell’ambito del sistema AlpTransit. Le Ferrovie Svizzere hanno investito direttamente decine di milioni su questa direttrice anche nella parte italiana, soprattutto per rendere possibile il transito di convogli merci “extra large”, fino a 2 mila tonnellate, con conseguenze sulle sagome di transito e del potenziamento della rete elettrica.
Più a ovest, a far tremare i polsi è il programma di lavori della Galleria del Monte Bianco (11,6 km, aperta nel 1965), con la prospettiva di blocco per 3-4 mesi l’anno per ben 18 anni. Un arco di tempo nel quale si farebbe in tempo a costruire un secondo tunnel, come da pressioni da più parti avanzate soprattutto da parte italiana. Scenario ancor più preoccupante di fronte alla fragilità dimostrata in queste settimane dalla galleria del Frejus, dopo le frane e gli smottamenti sul versante francese, che hanno bloccato il tunnel autostradale e imposto chiusure temporanee anche a quello ferroviario. Il tutto mentre i lavori della Torino-Lione procedono a velocità inversamente proporzionale a quella dei treni che dovrebbero frequentarla. Solo in extremis, si è trovato un accordo governativo per ricandelizzare le chiusure previste sul Bianco.
Più nord, il tunnel autostradale stradale dell’Arlberg – 15,5 Km, aperto nel 1978 – che collega la parte centrale dell’Austria col la Svizzera, la Germania, l’Italia, è a sua volta in manutenzione. Dopo una serie di stop estivi nel decennio scorso, ora resterà fermo da aprile a novembre per il biennio 2023-2024, obbligando anche i mezzi pesanti a salire le rampe dell’omonimo passo, fino al 13%.
L’altro grande capitolo è naturalmente la maxi opera del tunnel di base ferroviario del Brennero. I lavori per questo tunnel dei record (56 Km) che sbucherà alle porte di Innsbruck hanno acculato ritardi di anni e ora si parla di apertura nel 2032, anche se dei 230 km di galleria (doppia canna, più gallerie di accesso e gallerie di servizio) già nel sono stati realizzati 137. Gli austriaci sono disperati per l’enorme traffico pesante stradale, largamente superiore a quello di tutti i Tir sui valichi che collegano l’Italia con la Svizzera e con la Francia messi insieme (2,5 milioni di mezzi lo scorso anno, contro 790 mila di tutti quelli tra Italia e Svizzera) e le speranze sono riposte in uno spostamento del traffico verso la ferrovia. La crisi di questa fine estate è un campanello di allarme logistico ed economico che non può essere trascurato, anche dalle nostre parti.
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