Ho scritto del tema già una volta, ma l’occasione per ritornare a parlarne è il varo del Nuovo Piano Nazionale delle Malattie Rare avvenuto a maggio di quest’anno e valido fino a tutto il prossimo 2026.
Perché tanta attenzione verso questa categoria di malattie? Prima di tutto il fenomeno non è proprio minore e attualmente colpisce circa due milioni di persone nel nostro Paese e poi, diversamente da altre patologie che si caratterizzano con sintomi e segni precisi, le malattie rare sono spesso spiazzanti.
I problemi che le accumunano sono quindi ritardo o assenza di diagnosi, di conseguenza mancanza di una terapia realmente incisiva, difficoltà a reperire dati e quindi fare ricerca e non indifferente carico assistenziale.
Dal punto di vista sociale sono quindi un gruppo di malattie che portano con sé – per le famiglie che le devono affrontare – un carico affettivo ancora più impegnativo di altre patologie, perché spesso ci si muove in ambiti poco conosciuti ed è difficile trovare risposte.
Per malattie rare ricordo che si intendono quelle malattie che colpiscono non più di 5 persone su diecimila ed in questo momento ne sono riconosciute oltre 6 mila.
Quello delle malattie rare è peraltro un enorme contenitore ove finiscono, almeno all’inizio, diverse patologie che sembrano sconosciute e solo nel tempo trovano una loro specifica classificazione. Quindi è un elenco che per definizione è destinato ad allungarsi ed accorciarsi con l’evolversi dei mezzi diagnostici e delle conoscenze scientifiche.
Si comprende pertanto come questo Piano Nazionale sia la tappa finale di un percorso condiviso da comunità scientifiche ma anche associative una volta tanto, e stranamente, sostenuto in modo bipartisan dal mondo della politica (unanimità).
Diversi gli obiettivi che il Piano si pone: migliorare e qualificare le fonti di informazioni a disposizione dei malati e delle loro famiglie sulla patologia in questione, ma allo stesso tempo fornire ai professionisti della sanità opportunità per essere aggiornati sulle stesse.
Le altre linee guida riguardano la prevenzione primaria (ove possibile naturalmente), la diagnosi, o il percorso assistenziale, i trattamenti farmacologici e non, la ricerca, i registri ed il monitoraggio centrale delle malattie rare in generale.
Il Fondo nazionale della sanità ha finanziato questo progetto con 50 milioni di euro.
Di facile accesso per reperire informazioni vi è il portale www.malattierare.gov.it costruito in sinergia tra il Ministero della Salute e l’ISS (Centro Nazionale malattie rare).
Quest’ultimo nato nel 2008 prevede l’integrazione tra la ricerca scientifica, con le funzioni di coordinamento, con le attività di sanità pubblica, avendo come obbiettivo la sorveglianza ed il monitoraggio delle malattie rare.
Le linee di attività si basano quindi su: sviluppo ed aggiornamento dei Registri per le valutazioni epidemiologiche, utili a far emergere anche i ritardi diagnostici e la migrazione sanitaria; prevenzione, ove sia possibile, delle malformazioni congenite (primaria) o degli screening neonatali, utili a valutare l’efficacia dei percorsi e dei costi sostenuti; ricerca collegata ad un progetto bilaterale Italia-Usa su Undiagnosed rare diseases (quindi malattie rare non diagnosticate), ricerche specifiche per test genetici e del sudore, ricerca molecolare sperimentale, informazione ai cittadini tramite un numero verde etc etc
In campo quindi diverse forze condivise contro un avversario complesso e difficile da affrontare, ma come spesso accade in sanità, ove vi siano percorsi comuni sostenuti ad ogni livello, risulta possibile portare a casa risultati utili per la comunità.
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