In agosto saranno due anni. Due anni dalla riappropriazione in Afghanistan del potere da parte dei talebani. Per le donne è il ritorno all’inferno, la privazione di ogni libertà, l’annullamento di tutto.
La ciliegina sulla torta, dopo le violenze pesanti, le uccisioni, gli stupri e le mutilazioni riservate alle ribelli, è arrivata con l’ultima decisione: chiudere i negozi di parrucchiere per donna e i centri estetici a loro riservati, dopo il precedente divieto di esporre nei relativi negozi immagini con volti femminili. Ordini superiori di un ministero che si propone di “promuovere la Virtù e prevenire il Vizio”.
Delle donne si possono vedere in Afghanistan solo gli occhi. Nessuna parte del corpo deve essere esposta, la gabbia del sudario avvolge ovunque, quasi che ammirarne la bellezza significhi scandalo, pornografia, indecenza.
‘Meglio morire che vivere così” è il commento di una giovanissima arrivato furtivamente attraverso i social. “Non posso studiare e andare alle superiori o all’università, non posso lavorare, non posso vestirmi come voglio, né uscire da sola di casa”.
Sembra strano, eppure il divieto di “andare dal parrucchiere” o “a farsi le unghie”, come direbbe una qualunque donna nata in un paese libero, colpisce a sua volta come una pugnalata, ancora più di altri divieti. Perché niente può rappresentare meglio il diritto dii affermare la femminilità che quello di occuparci del nostro corpo e aspetto. È un diritto irrinunciabile, come hanno ben compreso, ancor prima delle giovani di oggi, le adolescenti di generazioni fa. Quando ancora ci misuravano la lunghezza delle gonne, o ci sconsigliavano l’uso del pantalone, o ci mandavano a lavarci la faccia in bagno se sembravamo troppo truccate. Eppure possibilità di truccarsi, vestirsi, pettinarsi come si vuole, è una scelta fondamentale.
Se nessuno può soffocare pensieri, desideri, aspirazioni -perché sono dentro di noi e appartengono al nostro cuore e alla nostra anima- ecco che allora si colpisce il corpo. rappresentandolo come oggetto peccaminoso, provocatorio, indecente. E, se proposto come tale da chi ci vuole condizionare, diventa un bersaglio da colpire, in ogni modo e con qualunque mezzo. Tutti i persecutori e dittatori hanno messo in atto questo perverso pensiero.
E’ questa la morale e la filosofia di una tale visione della donna. E del suo corpo. Che può essere usato senza amore, come si fa con un animale da soma o da riproduzione. Ma al contempo negato e soffocato secondo l’ottica indecente e stupida del tiranno, che decide e comanda.
Perché poter andare a farsi i capelli o le unghie significa entrare nel mondo della donna. Dove il desiderio di essere più belle, prima di tutto per se stesse, si stempera nel piacere della conversazione frivola, ma a volte di più: della confidenza o del sostegno tutto femminile
di chi sa ascoltare, se necessario consigliare.
Ricordo da bambina le sedute dal barbiere da uomo, sulla seggiola alta, col pedale, che mi faceva un po’ paura, quasi quanto quella del dentista. E il profumo melenso dei calendari colorati tenuti insieme da un cordino col fiocchetto. Rammento invece con piacere la prima pettinatrice, lo shampoo morbido e schiumoso, la frescura avvolgente sui capelli. E poi la scelta della pettinatura di moda, del taglio “dernier cri”. Giovanna la mia prima parrucchiera, una ragazza che aveva un po’ d’anni in più di me, vicina di casa -avevamo giocato insieme- mi porgeva riviste con immagini e proposte di pettinature: meglio il caschetto come quello di Caterina Caselli? O il ‘raccolto’ alla Audrey Hepburn di Vacanze romane? Eravamo giovani, forse anche belle, e uscivamo da sotto il casco, coi bigodini in testa, al settimo cielo. E mentre aspettavamo correvano le chiacchiere buone,
Si! Mancheranno alle ragazze di Kabul la freschezza di quelle primissime cure tra giovani donne, quelle parole leggere, e mancherà soprattutto quel lavoro a chi lo fa di mestiere. Mancherà quel cerchio di operosità e solidarietà femminile che tutto comprende, tra una parola l’altra, nel chiacchiericcio gentile, misericordioso e umbratile. A noi donne che leggiamo sedute e lontane fa molta rabbia, come fosse capitato a noi. Fa piangere più che vederle morte o sventrate dalle armi, martiri orgogliose, finalmente libere, di una libertà che nessun uomo può capire. Ma sappiamo che quel chiacchiericcio, quei profumi, quelle cure non solo estetiche, ma del cuore e dell’anima, non si fermeranno.
Non le fermeranno gli insulsi divieti e le prepotenze dei talebani.
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