(S) Aprono nuovi negozi per animali, chiudono quelli per la prima infanzia. Non c’è da stupirsi, vista la crisi demografica. Già mi basta che l’immigrazione afro-asiatica sostituisca i lavoratori generici mancanti, sostituire i figli con i pur affettuosi e simpatici amici a quattro zampe non mi pare un buon segno.
(O) Eppure una ricerca di Eurispes ha segnalato che i nuclei con bambini accolgono più frequentemente animali in casa: «Il dato incrociato in base alla tipologia familiare fa emergere che sono soprattutto le coppie con figli ad avere uno o più animali (37,8%), seguite dai monogenitori con figli (36,5%)». Questo sembra smentire la preoccupazione della ministra Roccella che ha detto che spesso agli animali viene dato un nome “umano”, parlando quindi di «un desiderio, un bisogno di affettività e di famiglia che c’è ma viene trasferito in maniera impropria sugli animali».
(S) Tuttavia la dimensione del fenomeno è macroscopica. Secondo Legambiente la media è di un cane ogni 7,5 cittadini residenti; ma solo il 36,1% dei Comuni rispondenti conosce il numero dei cani iscritti all’anagrafe nel proprio territorio, per un totale di 1.060.205 cani su 7.913.890 residenti. In base ad altri dati in totale potrebbero essere addirittura tra 19 e 29 milioni. Addirittura secondo ATS Insubria (Varese e Como) abbiamo un cane per ogni cittadino, o per ATS Brianza (Monza e Lecco) un cane ogni 3 cittadini. I bambini sono molti di meno, in Italia 2,2 milioni tra 0 e 4 anni, 2,6, tra5 e 9, 2,8 tra 10 e 14, quindi in costante diminuzione. Se poi la Roccella fa questione sui nomi “umani”, dovrebbe pure preoccuparsi dei nomi esotici dati ai bambini, compresi quelli dei cartoni animati, e dei nomignoli, degni sì di animali, dati invece agli umani. Chiamiamo in causa Costante e la sua ricorrente preoccupazione per la perdita del senso dell’identità, personale, familiare e sociale.
(C) Sinceramente sono meno preoccupato di voi e della Roccella. E’ ovvio che si tratta di un business, spinto attraverso i normali canali del marketing. Sul piano della convivenza sociale non mi preoccupano le scelte personali ed eviterei di farne casi politici o addirittura teologici. Ci è caduto anche il Papa, che si è dovuto sorbire un amaro CAFFE’ di Gramellini. Voler bene agli animali, non è peccato, ce lo insegna il Buon Pastore che si prende cura della pecorella smarrita. Il paradosso è che quello che si desidera è proprio dover dedicare delle cure. Però bisogna voler prendersene cura e saperlo fare, tenendo anche conto della realtà in cui si vive. Anni fa era di moda avere un gioco giapponese che consisteva nell’allevare un pulcino informatico, che “viveva o moriva” a seconda delle cure che gli venivano date informaticamente. A questo punto, meglio un animale vero. Però tenere un cane in città, a scopo di compagnia, non è come gestire un cane da pastore o da caccia nei luoghi e nei modi opportuni. A Varese i regalini e le tracce liquide lasciate dagli amici a quattro zampe sono la disperazione di negozianti, portinaie e addetti alle pulizie condominiali.
(S) Già, non più tardi di oggi ho assistito alla scena di un ‘padrone’ che permette al suo cagnetto di 25 chili di stazza di fare il bisognino proprio davanti all’ingresso della sua stessa casa, senza avere gli strumenti per pulire.
(O) Ma io lo considero un peccato veniale in mancanza di luoghi opportuni a ciò dedicati. Pur ritenendo necessaria una maggiore attenzione da parte dei padroni, lamento la mancanza di questi ‘servizi’. Non so se a Varese ci siano altre ‘aree cani’ oltre quella assai frequentata di Masnago.
(S) Quindi oneri a carico dei contribuenti. La stessa Legambiente lamenta che il costo dei servizi per i “cani in città” assomma ad almeno 282 milioni, a fronte di 85 milioni per i 27 parchi nazionali. E buona parte di questo denaro pubblico serve per i canili rifugio ovverosia per sopperire all’abbandono da parte di padroni pentiti o distratti. Torniamo al tema di un educazione civica dell’elemento umano.
(C) Rispondo ora alla vostra provocazione. Non considero una stranezza, tanto meno una negatività il legame affettivo tra una persona e un animale. Ricordo ancora con una certa commozione il barboncino di mia suocera che ne vegliò l’agonia per due giorni interi. E anche la sua gelosia nei miei confronti, quando la prima notte di nozze si accucciava ringhiando contro di me in camera da letto. Ma ormai vecchio si faceva curare anche da me, sopportando iniezioni e flebo. La morale della favola è molto semplice: non occorre diminuire l’affezione agli animali di compagnia, ma aumentare quella per gli umani, sì che è necessaria e urgente, per ricostituire i valori dell’identità personale e sociale.
(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante
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