Urge un preambolo. Per fare il mio mestiere di storico dell’arte ho sempre avuto bisogno di essere coadiuvato da un fotografo che servisse allo scopo: documentare il patrimonio storico-artistico, specialmente di Varese, e ricorrere ad un editore che stampasse il libro.
Gli editori furono nell’ordine Guido Ceriotti della Bramante Editrice di Milano, Ennio Pittureri della Edison di Bologna e, più importante di tutti per stima reciproca e numero di pubblicazioni, Giuseppe Redaelli della LATIVA di Varese.
Il fotografo fu Vivi Papi, pure di Varese. Questi, con il paterno papà, venne a trovarmi ai Musei di Villa Mirabello, sul finire degli anni Sessanta del novecento, per mostrarmi le fotografie che scattava e stampava.
Prove di stampa a colori che soltanto SKIRA poteva far eseguire; bianco/neri di tale morbidezza pittorica e proprietà di illuminazione che era, e sarebbe stato così, un peccato affidarli alla stampa di qualsiasi editore perché sarebbero risultati in bianco e nero senza la infinita gamma di grigi avvedutamente rilevata e fatta risaltare.
Da allora fino alla sua morte, avvenuta nel 2005, io ebbi in Vivi Papi la certezza di trovare eseguito il lavoro a regola d’arte.
Lavorai anche con Paolo Zanzi, Carlo Meazza, Alberto Lavit e se dimentico qualcuno sono pronto al duello mattutino, al primo sangue.
Dopo il doveroso preambolo, entro in argomento.
Vivi Papi ha depositato il suo amplissimo archivio a Villa Toeplitz per interesse e cura della moglie Anna Fumagalli e dell’Università dell’Insubria, ma gli altri fotografi che fine faranno?
Giuseppe Redaelli ha meritoriamente edito volumi su Daniele Tinelli, su Alfredo Morbelli; su Speri Della Chiesa Jemoli, dando così testimonianza di attività artistiche degne di nota per la storia della nostra città e del territorio.
La mia provocazione è invece rivolta agli archivi dei nostri fotografi che, fino ad oggi meno previdenti della signora Papi, sono rimasti nei rispettivi studi quando non brutalmente eliminati come fu il caso dell’opera di Camillo Faoro.
A chi tocca di provvedere alla realizzazione ed alla cura di tutti questi “scatti” se non ad un Ente Pubblico che deve conservare le memorie storiche dando corpo ad una Galleria della Fotografia Varesina, dove raccogliere, catalogare, conservare e ciclicamente mette in mostra i diversi “fondi”?
Tempo fa, Carlo Meazza ed io abbiamo fatto la nostra parte consegnando al Sindaco Galimberti un pro-memoria che riporto di seguito.
Oggetto: proposta di istituire un Archivio fotografico varesino
Egregio sig. Sindaco, a pronto riscontro dell’incontro di lunedì 30 settembre, che Lei ha cordialmente concesso agli scriventi alle ore 9.00, vorremmo puntualizzare la proposta, come da Lei richiesto, stante la Sua condivisione di massima del progetto.
Lei dovrebbe farsi promotore dell’istituzione di un archivio fotografico destinato ad accogliere il materiale documentario e artistico dei fotografi varesini viventi che potrebbero essere Carlo Meazza, Bepi Bortoluzzi, Alberto Bortoluzzi, Alberto Lavit, Paolo Zanzi, Emanuele Toscano, Giorgia Ivone, Marco Guariglia, Luca Missoni, Mario Chiodetti, Sergio Tenderini, Giorgio Lotti (senza dimenticare Franco Pontiggia, sodale di Piero Chiara, lo aggiungo adesso).
Persone che Lei, o chi da Lei delegato, incontrerebbe in via riservata, uno per uno, per sondare la eventuale disponibilità di aderire all’iniziativa.
L’occasione di riunire una documentazione del genere che copre l’arco di tempo dal secondo dopoguerra ad oggi, potrebbe anche coinvolgere l’archivio di Gino Oprandi, in mano alla figlia Luisa, ed aprirsi alla cronaca cittadina. Va da sé che si dovrebbe avere occhio di riguardo per le modificazioni urbanistiche e così comporre una storia della Città per immagini.
Queste andrebbero ospitate in una sede appropriata, allestita con tutte le provvidenze del caso vuoi per la conservazione, vuoi per l’utenza. Una volta schedate potrebbero confluire in mostre a rotazione per coinvolgere il pubblico. Potrebbe derivarne la confluenza di archivi privati amatoriali, la cui consistenza andrebbe valutata a dovere da personale scientificamente idoneo messo a capo della iniziativa.
Per non entrare in conflitto con l’università dell’Insubria, che già detiene l’archivio fotografico di Vivi Papi, magistrale interprete del patrimonio artistico varesino, gioverebbe coinvolgerla pur mantenendo la paternità dell’iniziativa che potrebbe nascere a nome dell’Amministrazione Comunale.
Va altresì coinvolto il dott. Giuseppe Redaelli in quanto editore di importanti contributi in merito, avendo attinto agli archivi dell’arch. Carlo Prevosti, di Speri della Chiesa, di Alfredo Morbelli e di Davide Tinelli e in più come presidente dell’associazione culturale Varese Viva.
L’individuazione di una sede appropriata va valutata a dovere per impostare un progetto capace di convincere sostenitori e detrattori. Pertanto si potrebbe pensare a spazii idonei da ricavare nella sede della ex-Caserma dove il trasferimento della Biblioteca assicurerebbe apprezzabile sinergia.
Va da sé che la proposta abbisogna di tempi politici, burocratici e tecnici per cui l’eventuale realizzazione va spostata in avanti, di quanti anni ad oggi non siamo in grado di indicare.
Restiamo in attesa di un Suo parere, dichiarandoci disponibili a collaborare compatibilmente con le nostre forze.
In fede,
prof. Silvano Colombo fotografo Carlo Meazza
Varese, 2 ottobre del 2019
Lo scrivo per dare testimonianza che non si deve mai smettere di pensare alla nostra Città.
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