(S) Se può capitare in Francia patria dei lumi, di Liberté, Egalité, Fraternité e della buona amministrazione pubblica, quella rivolta etnica e sociale che abbiamo visto, cosa non potrebbe capitare da noi?
(O) Non cominciamo con istillare paure strumentali basate su luoghi comuni. Non cerchiamo di godere del male altrui e di viverlo come una rivincita di tutti i torti, veri o presunti, relativi agli ultimi due secoli! La cosa più sciocca è stato il tentativo di buttarla in caciara politica, contro questa o quella ideologia, come se non fossero già capitati fatti isolati ma anche veri e propri conflitti etnici e sociali, sotto le diverse bandiere dei diversi governi. Invece proprio questi fatti terribili e dolorosi, mostrano una spiacevole verità: lo strumento repressivo, poliziesco o giudiziario, non funziona. A lungo andare acuisce i rancori, produce un veleno autoimmune che distrugge la società.
(S) Ehi! Bada di non commettere lo stesso errore che rimproveri agli altri: schierarti per un’ideologia. La semplificazione buonista non spiega e non aiuta a risolvere. Sarebbe colpa del lepenismo? O semplicemente di sessant’anni di quel bipartitismo che tanto invidiavamo e di cui gli uni come gli altri vorrebbero disfarsi non appena perdono le elezioni? Se guardiamo con più attenzione la realtà, scopriamo che la storia coloniale della Francia è molto peculiare e condiziona la sua attuale storia sociale. Nell’Ottocento si illudevano di fare diventare Algeria e Tunisia una Francia d’oltremare tout-court, da settant’anni fino a poco tempo fa di far diventare cittadini francesi gli immigrati di ogni nazionalità, reclutati per farne un proletariato industriale a buon mercato. Ne hanno ricavato solo sportivi di talento, ma a prezzo di rancore, emarginazione, ghetti etnici pronti ad esplodere. Ma leggete Houellebecq!
(C) Non credo che il destino dell’Europa sia “Sottomissione”. Non leggo neanche nell’esplosione di rabbia di questa rivolta (chiamarli “disordini” non sarebbe un eufemismo, ma una reale menzogna) l’attuarsi di voluto e coerente disegno terroristico, al contrario si evidenzia l’assenza di una guida politica, persino di un minimo di orientamento finalistico della rivolta. Che cosa comporta? L’estrema difficoltà, forse l’impossibilità di un dialogo, della modalità di una crescita comune. La rivolta si spegnerà, proprio per mancanza di direzione politica, ma il fuoco coverà sotto la cenere. Tutta l’Europa, con diversi gradi d’intensità, deve affrontare il medesimo problema, che sintetizzo in una parola: IDENTITA’.
(O) Tutto l’Occidente, l’America anglosassone e, in modo diverso, anche quella latina.
(C) Oggi identità diventa sinonimo di polarità, ci si riconosce simili perché si è contro qualcun altro, il comune nemico fa riconoscere l’amico, il compagno di lotta. Evidentissimo segnale l’esito della raccolta di fondi per la famiglia del poliziotto uccisore: un milione; solo duecentomila per la vittima. Non è la differenza che mi preoccupa, ma già il solo fatto che sia stata pensata e attuata. Vuol dire che il bisogno di identità, anche a rischio di chiusura, spiegabile per le minoranze emarginate, emerge anche nella maggioranza, ricca ma impaurita, e si esprime però nella direzione più sbagliata. Tanto per ridere, in Italia vediamo di non prendere esempio dalle ‘lotte identitarie’ di tassisti, bagnini e gilet gialli.
(O) Per quanto capisca questa paura, che alimenta il successo dei governi di Ungheria e Polonia e dei partiti sovranisti in tutta Europa, sono convinto che la strada sia un’altra, quella del dialogo tra diversi e del tentativo del reciproco arricchimento, culturale e, perché no, materiale.
(C) Concordo con una precisazione, la condizione del dialogo non è la cancellazione delle linee di forza dell’identità europea, a partire dal cristianesimo e dalle sue implicazioni sociali, soprattutto dalla prevalenza della persona rispetto al gruppo, al clan, allo Stato, all’etnia. L’errore da tempo compiuto in Francia dalle élites intellettuali e politiche, oggi accentuato dalla cultura woke in terra anglosassone, è proprio quello di voler piallare tutte le identità in un laicismo obbligatorio (una chiara contraddizione). L’agnosticismo di Stato diventa inevitabilmente estremismo culturale, non solo degli emarginati. Questo mostra la ragione del fallimento della politica francese dell’assimilazione, in perfetto parallelo con l’alternativa anglosassone della coesistenza di modelli alternativi, fino all’applicazione della sharia all’interno del diritto comune.
(S) Voglio precisare che nemmeno io condivido in toto le paure di Houellebecq e alle azioni repressive antepongo quelle di sviluppo economico e culturale e di integrazione civile. In Francia sarà difficile recuperare, in Italia siamo ancora in tempo, a patto di non utilizzare proprio questi fatti per battaglie politiche divisive, spacciandole per identitarie. L’ultima sciocchezza (trascurando Gramellini che replica a papa Francesco sui nomi cristiani dati ai cani) è la proposta di levare le croci dalle cime delle montagne, che da sola meriterebbe un’apologia. Ribadire che l’Europa non deve diventare Eurabia o più prosaicamente EMEA (Europe, Middle East, Africa, la sigla che identifica l’area commerciale delle multinazionali e che ne certifica la retrocessione a subcontinente) significa impegnarsi a creare le condizioni di una reale integrazione degli immigrati nella cultura, nell’economia, nella civiltà giuridica e nella società politica attuale, frutto di secoli di storia.
(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante
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