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Cultura

REFLECTIONS A VILLA PANZA

ROSALBA FERRERO - 02/06/2012

È una mostra faticosa – prevede un percorso di oltre due ore per visitare tutte le installazioni – ma emozionante perché propone ‘riflessioni’. È infatti giocata sul duplice significato del termine: riflessione intesa come rifrazione, come duplicazione dell’oggetto e come lettura interiore, come interrogazione sul senso della vita, sul trascorrere del tempo, sulla sostenibilità dell’essere. Luce e colore evocano un profondo senso di umanità e Bill Viola è straordinariamente tenero nel ritrarre l’uomo, è proteso all’essenziale, all’eterno, al bello in senso assoluto. Usa un linguaggio nuovo, che non può non suscitare reazioni, che rivela un modo di vedere la vita secondo parametri diversi, che muovono intorno ad un perno che diviene una sorta di imperativo categorico kantiano: bisogna amare l’uomo nella sua essenzialità, bisogna amarlo di più di quanto normalmente si fa.

Le installazioni trovano perfetta location nei suggestivi spazi di Villa Panza ove dialogano con specchi e squarci di luce che entra dalle finestre: si viene trascinati dentro a una sorta di gioco magico in cui la vita di chi contempla entra dialetticamente in simbiosi con l’opera.

La visione è quella delle cose reali trasformate dall’occhio di chi registra la realtà, ma se chi registra è dotato di senso artistico, allora la realtà mostra i suoi più intimi significati in una sorta di epifania privilegiata. Oltre al tempo un altro elemento presente quasi in ogni opera è l’acqua, che è l’elemento vitale per eccellenza – già Talete la riconosceva come arché, origine dell’esistente – inoltre l’acqua-vita è l’opposto di secco-morte. “L’acqua è una porta che introduce in un’altra vita, indica trasformazione, resurrezione” dice Kira Perov, la moglie dell’artista.

Oltre alla riflessione e all’acqua, un terzo elemento caratterizza l’opera di Viola: il rapporto con l’arte antica, che egli declina come omaggio riverente e come rivisitazione. Si avverte una grande dimestichezza con Masolino da Panicale: in ‘Emergence’ lo spunto è proprio l’opera masoliniana di Gesù al sepolcro che ripropone in ogni sfaccettatura in ogni minima parcellizzazione dei movimenti del gruppo riflesso. Viola usa il formato a mezza figura: i personaggi ripresi da vicino sono di una intensità drammatica già nota e utilizzata dalla pittura veneta, che egli ben conosce per avere studiato l’opera di artisti che riconosce come suoi maestri: Giorgione, Bellini, Pontormo. L’artista dichiara… “uno straordinario legame tra le mie opere e l’ambiente, un vero connubio tra passato e presente”.

Viola usa la telecamera non in modo anonimo, ma con partecipazione nel ritrarre i soggetti fino a farli diventare parte di sé, elementi che entrano in lui; ha una grande forza d’intuizione e una grande lentezza nella realizzazione delle opere che conferisce loro profondità introspettiva e spaziale: ogni opera ha bisogno di uno spazio interiore e di una collocazione esteriore che la valorizzi. “Il materiale grezzo non sono la telecamera e il monitor, ma il tempo e l’esperienza stessa… il vero luogo in cui esiste l’opera non è la superficie dello schermo, ma la mente e il cuore della persona che la osserva… l’opera è la continuazione della conoscenza”.

Ha fatto della video-arte uno strumento per esplorare il fenomeno della percezione umana, un mezzo per cogliere le emozioni, scandagliando la propria interiorità; l’interesse ontologico prevale su qualsiasi elemento descrittivo: Bill Viola si interroga sulla condizione umana utilizzando le forme figurative ed espressive consolidate della tradizione pittorica religiosa occidentale, in particolare medioevale e rinascimentale, e la priva di ogni elemento di staticità secondo un assunto di programma che vede il prevalere dello scorrere eracliteo sul permanere parmenideo.

Il soggetto delle riflessioni è l’essere umano su cui trascorre il tempo lasciando significativi mutamenti. Questo è il leit motiv del gruppo di opere denominate ‘Transfigurations’, senza dubbio le più emozionanti e intriganti perché impongono di fermarsi a riflettere sul mistero della vita dell’uomo segnata da due estremità, la nascita e la morte, tra le quali una miriade di segmenti testimoniano il mutare continuo del tempo inteso bergsonianamente.

‘The innocents’ camminano verso la luce della vita gravidi di attese e speranze, attraversano un muro d’acqua ma la postazione conquistata è pura vanitas priva di solidità permanente: essere risucchiati indietro verso l’origine, che è anche simbolicamente la fine, è il loro destino. E parimenti in ‘Three women’ la madre con le due figlie escono dall’elemento primordiale incolore avviandosi attraverso l’acqua, simbolo di una sorta di rito battesimale insito nel Dna umano, alla luce assumendo caratteri materiali; ma permanere nella luce non è caratteristica umana e il trio, sempre guidato dalla madre, vero nume tutelare dell’essenza segreta dell’essere, lentamente, quasi controvoglia, ripiomba nell’immenso grigiore dell’indistinto che precede il tempo spazializzato e materializzato, suggestiva metafora della leggerezza dell’essere.

L’indagine sull’uomo si palesa in modo emblematico in ‘Passage into night’ e in ‘Poem B’; in entrambe le opere si percepisce il senso della solitudine totale che avvolge l’uomo sia nella figura femminile che avanza faticosamente nell’atmosfera nebulosa della calura del deserto della vita, sia nelle frammentarie visioni, negli squarci di vita vissuta segnati dagli elementi primordiali dell’acqua e del fuoco, che affollano la mente dell’anziana sola col suo passato.

Il mondo dell’essere e quello dell’apparire si fondono in una proclamata identità di vita e morte, di passato e presente, in una sorta di ‘eterno ritorno ’ nietszchiano.

Il catalogo, a cura di Anna Bernardini, edito da Silvana Editoriale, contiene un’intervista all’autore e due interventi di M.R. Sossai e di S. Settis.

Bill Viola. Reflections
12 maggio- 28 ottobre 2012
Villa Panza – Piazza Litta 1, Varese
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