Archiviate la Carboneria di Santorre di Santa Rosa e le Cinque Giornate di Milano, consegnati ai libri di storia Ernesto Cairoli e l’Unità d’Italia, le guerre mondiali e la Resistenza, oggi il vero patriota è chi paga le tasse. Adempiere a questo obbligo è un dovere, se non un piacere come lo definiva Giorgio Manganelli: “Compiango l’evasore fiscale. Questa figura classica del «cattivo cittadino» evita l’unica forma di riscatto che lo Stato gli offre. Se gli va bene, nel momento in cui evade il fisco ribadisce il suo italiano senso di colpa, si sentirà furbo e scadente. Se non gli riesce, sarà punito, e cadrà nella categoria risibile di coloro che non l’hanno fatta franca”.
Un concetto ripreso nel 2007 da Tommaso Padoa-Schioppa, ministro del governo Prodi in un’intervista su Rai3 (“Le tasse sono bellissime”) e per questo “crocifisso” dall’opposizione. Non lo salvò precisare che le tasse “sono un modo civilissimo di contribuire ai servizi indispensabili come la salute, la sicurezza, l’istruzione e l’ambiente”. Si prese del gaffeur, del marziano, di chi ha perso il contatto con la realtà e la frase fu giudicata “rivelatrice della cultura e della mentalità di questo governo che vede nell’imposizione fiscale una misura salvifica rispetto al peccato commesso da chi guadagna con il suo lavoro o con la sua impresa”.
Guai, in Italia, a difendere il fisco anche se poi gli evasori pretendono di godere dei servizi garantiti dallo Stato e volano insulti se non funzionano! Oggi si parla molto di patriottismo. Aumentano gli spazi che la tv pubblica riserva alle sfilate militari celebrative e il primo ministro Giorgia Meloni si spinge ad evocare un “presidente patriota” per la Repubblica. Con il debito pubblico che abbiamo, c’è da augurarsi che il patriottismo degli italiani si esprima finalmente pagando le tasse. La prima sorella d’Italia vagheggia “l’adempimento spontaneo dei contribuenti” ed auspica un “fisco alleato di chi fa impresa e produce ricchezza, non nemico e quasi vessatore”.
Un modo nuovo di riscuotere le tasse, suadente e cameratesco, non l’odioso “pizzo di Stato” che disturba la premier solidale con i piccoli commercianti e non l’accanirsi sui cittadini che affligge “l’imprenditore onesto che non riesce a pagare tutte le tasse” come sospira comprensivo il ministro Nordio. Una frase ambigua che non voleva legittimare l’evasione fiscale – spiega l’ex magistrato allergico alle interferenze – ma denunciare la complessità delle nostre leggi, così contraddittorie che per ottemperare ad una se ne violano altre. E mentre il governo vara condoni e pensa a tasse piatte ma non per tutti, gli evasori proliferano.
Negli ultimi diciassette mesi la GdF ha beccato 8924 evasori totali, concittadini che non hanno mai pagato un euro di tasse, roba da non credere. Secondo l’Istat in Italia si evadono circa 99 miliardi di euro l’anno e il fenomeno ne costa 1700 a cittadino. Lo scandalo indigna anche i giovani imprenditori di Confindustria: “Con l’obbligo di trasmissione telematica e l’incrocio dei dati di tutti i soggetti economici si può avere la fotografia dei contribuenti – suggeriscono – L’ingiustizia e l’ammanco di risorse che l’evasione determina sono indegne di un Paese civile”. Già, lo Stato non è una diligenza da svaligiare. Chi ama l’Italia, diciamo pure la patria, da che parte sta?
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