(S) No, non chiedetemi di spiegarvi che cosa è successo in Russia, tanto meno che cosa succede a breve. Nessun serio esperto si è azzardato a tanto. O forse è più facile dire come andrà a finire, anzi facilissimo. In sostanza non succederà niente di nuovo. Possono cambiare i suonatori, non cambierà la musica; se c’è un paese del Gattopardo, dove cambia tutto per non cambiare niente, questo è la Russia. Quando io e i miei fratelli facevamo disordine in camera nostra, la mamma diceva: “Avete fatto la Russia. Adesso basta”. Purtroppo non c’è mamma che tenga, che possa dire: adesso basta.
(O) La rivoluzione comunista mondiale è fallita, d’accordo; ma accidenti che cambiamento, dal comunismo agli oligarchi coi superpanfili!
(S) Macché. Solo sostituzioni di persone, capipartito al posto dei boiardi, oligarchi al posto dei capipartito, censura e prigioni come sempre e, se non basta, veleno e condanne, chiedete a Navalnj. Per poco che abbia studiato storia e cultura della Russia, sono passati decenni, posso leggere il ripetersi del medesimo schema: pochi caporioni in lotta tra loro, se possibile all’ombra di uno zar al Cremlino, apparentemente idolatrato, in realtà spesso molto condizionato, fino al ricatto, dai suoi stessi amici e custodi. Il popolo, anzi neppure un popolo, una massa indistinta, è tenuta all’oscuro di tutto ciò che conta.
(C) Putin e gli oligarchi, Prigogyn in maniera esemplare hanno realizzato l’ideale di Čičikov, il protagonista di “Anime morte” di Gogol: arricchirsi con ogni mezzo. Il personaggio del romanzo specula sui servi della gleba, le “anime” possedute dai proprietari terrieri, in particolare quelle “morte” veramente, per le quali i proprietari devono continuare a pagare le tasse fino al censimento successivo. Ma nel disegno gogoliano, anche i vivi, specialmente la gente comune, sono ‘anime morte’, prive di senso morale, di speranze, di umanità.
Prigogyn recluta un’altra specie di ‘anime morte’, disperati tratti dalle prigioni o da situazioni altrettanto difficili, disposti a rischiare di morire davvero, che pur di sottrarsi ad una vita indegna ne abbracciano una ancora peggiore. Ma lo sfondo su cui si muovono questi due personaggi è molto simile: anche oggi in Russia non c’è un vero popolo, ma una massa sempre disposta a seguire il vento del potere dominante, come dimostra il comportamento della gente di Rostov o di Mosca, pronta ad applaudire l’apparente vincitore del momento, come pure a cambiare idea il giorno dopo.
(O) Non c’è speranza che neppure le difficoltà interne alla Russia portino verso la pace?
(S) Questi ‘torbidi’, del tutto simili a quelli che hanno piagato la Russia per secoli, non scalfiranno il sistema di potere, che sopravviverebbe alla scomparsa di Putin come fece a quella di Stalin, a condizione che non venga umiliato lo spirito imperiale di cui il Russo comune, l’Uomo della strada, continua a nutrirsi. Lo sfaldamento del potere sotto Gorbaciov, più che a un rinnovato amore per la libertà e la democrazia, fu dovuto alla crescente disistima, fino alla ribellione, verso chi aveva consentito lo sfaldarsi del sistema di potere che teneva in pugno Berlino, Praga e mezza Europa e che incuteva timore al resto del mondo. Il Russo sopporta la mancanza di democrazia e di libertà politica, che davvero non ha mai conosciuto, se vede che i suoi capi comandano un impero, ma non sopporta l’umiliazione della sconfitta.
(C) Piuttosto preoccupante, come prospettiva, se aggiungo a questa considerazione che la situazione della Cina è del tutto simile e che in Asia India e Turchia sembrano scivolare verso analoghe tentazioni. Che cosa aiuti la pace, non lo so, forse davvero solo il trionfo della Russia, quello dell’Ucraina è davvero impossibile. Non resta che lo sfinimento di entrambe le parti. Aggiungo l’agghiacciante prospettiva di una potenza nucleare come la Russia se cadesse in un’anarchia di tipo libico.
(O) Evitiamo quindi l’errore di voler esportare economia liberistica e democrazia formale, magari con la forza, ma evitiamo anche di rinchiuderci nell’orizzonte euroatlantico. C’è comunque una cultura da esportare ed è quella dei diritti della persona, concentrandoci tuttavia sui bisogni reali, considerando l’aumento del rischio di povertà indotto da questa guerra in tutto il mondo, piuttosto che voler far diventare diritti i desideri individualistici. Come l’Europa ha fatto veramente la pace quando ha concluso gli accordi sul carbone e l’acciaio, così la pace tornerà con accordi globali sull’energia e sui cereali. Non dimentichiamo, dal lato dei diritti, quanto la propaganda putiniana, punti sull’idea di liberare i fratelli russo-ucraini dai malvagi vizi occidentali oltre che dal nazismo. Al momento in cui scrivo, questa testimonianza umanitaria mi pare sia il senso della missione del card. Zuppi, altrimenti velleitaria. A noi non resta che pregare e soccorrere le vittime, agli Stati occidentali, continuare ad aiutare l’Ucraina a resistere, pur moderandone le ambizioni.
(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante
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