Tentiamo l’azzardo, pronti all’incasso di smentite. Salvini è rimasto un diciannovista. Non nel senso, absit iniuria, di cultore della rivoluzione mussoliniana, ciò che non è mai stato. Ma nel senso di nostalgico dell’era Papeete, estate di quattro anni fa, 2019, quando lo solleticò l’idea di conquistare la premiership, al costo d’una crisi di governo e d’elezioni anticipate.
Lo è rimasto (ritentiamo l’azzardo, pronti all’incasso di smentite) perché sembra d’intuire, in cenni di felpato solidarismo, un tot di spirito conflittuale verso la Meloni. Espresso con cautela/astuzia. Però espresso. Su tempi e modalità di spesa dei fondi Pnrr, sull’autonomia differenziata, sull’accettazione del Mes e ancóra-ancóra. Il tutto tramite sfurbito mix di toni bassi e medi, evitando di toccare i toni alti. Però facendo comprendere che se la barca non va come dovrebbe, beh, lui è pronto per il timone. Ci credano i sodali (anche i non sodali, eventualmente), ci credano gl’italiani.
Ecco, gl’italiani. Salvini ha lanciato la volata lunga alle elezioni europee del ‘24. Lì ci si conterà in una sfida proporzionale fuori degli schemi dell’attuale maggioranza-minoranza di Roma. Ciascuno per sé. E a giochi fatti, si vedrà quale seconda partita iniziare. Un po’, un po’ tanto, anche quello che pensa Giorgia, nel suo processo di trasformazione conservatrice. Possibile ogni soluzione: o avanti con questo esecutivo, o avanti con un rimpasto, o avanti con il ritorno alle urne nazionali.
Ma la volata sarà, appunto, lunga. E i rischi di bucare le gomme/finire fuori strada sono alti. Di qui i dubbi leghisti sulla strategia del Capitano, e in particolare le riserve di Giorgetti e dei molti che ne condividono il rimuginare. Sul Mes, per esempio, la sua opinione diverge dal convincimento del segretario. Idem su parecchio d’ulteriore. E poi: il ministro dell’Economia dirà sempre che l’ipotesi non lo interessa, ma che esista l’intento di piazzarlo l’anno venturo alla guida del pari dicastero nella Commissione Ue risulta assai più d’una voce. Per non raccontare della chiacchiera che, finendo la consultazione popolare in un certo modo, lo vorrebbe addirittura alla presidenza di Bruxelles.
Sic stantibus rebus, o stantibus in una maniera simile, il progetto Salvini di logoramento della Meloni appare d’attuazione ardita/difficoltosa, nonostante i meriti avocati a proposito di Codice della strada, Codice degli appalti, Ponte sullo Stretto. Esiste il pericolo d’ergersi a diciannovista-bis, ovvero d’incorrere in uno sfondone differente nella forma e però eguale nella sostanza all’impresa disastrosa che transitò l’estate gialloverde nell’autunno giallorosso. Non sempre il fuoco amico paga, talvolta innesca fuochi nemici che si rivelano letali.
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