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Storia

L’EPOCA DEI MULINI A VENTO

GIANFRANCO FABI - 23/06/2023

la “Cronaca di Varese” di Adamollo-Grossi edita nel 1931 e riedita da Nicolini nel 1998

la “Cronaca di Varese” di Adamollo-Grossi edita nel 1931 e riedita da Nicolini nel 1998

Era nascosto tra un bel volume sulle Dolomiti e un altro sul romanico in Lombardia. E così riordinando i libri in vista di un trasloco è sbucata fuori un po’ impolverata, ma in ottimo stato, la “Cronaca di Varese” di Gio. Antonio Adamollo e Luigi Grossi nell’edizione originale della Tipografia arcivescovile dell’Addolorata (1931 – IX). Un libro di grande formato in cui viene raccontato con minuziosa precisione tutto quanto è avvenuto tra il 1525 e il 1741. Un lungo periodo quindi che l’Adamollo, patrizio varesino, ricostruisce ovviamente non solo sulla base delle sue osservazioni dirette, a cui si possono far risalire solamente gli ultimi decenni essendo nato nel 1687, ma anche ricostruendo storie e racconti da molti autori precedenti.

Si potrebbe scrivere un altro libro sulla base dei tanti elementi della storia varesina che emergono da queste note. Ci sono soprattutto i resoconti delle annate agricole insieme all’annotazione puntale dell’avanzamento della costruzione di Chiese e conventi che allora caratterizzavano la città. Ma è interessante anche soffermarsi su qualche curiosità, magari guardando a un anno particolare, trecento anni fa, il 1723.

Si scopre così un inedito conflitto tra il sacro e il profano. Scrive l’Adamollo “si è parimenti in q. anno fatta spianare la piazza di S. Ant. alla Motta per poter ivi giocare al balone atteso che le monache di S. Martino per fare che non si possa giocare al balone in quella piazza come si faceva per il passato hanno fatto mettere dele punte di ferro nel muro della loro Chiesa per sbusare li paloni”.

Ma si possono scoprire anche i problemi uguali a quelli di oggi, per esempio la siccità. “In q.anno – scrive l’Adamollo – sono sciugati moltissimi pozzi di Varese e molte fontane nel territorio che a memoria d’uomini non si sono mai viste asciutte e li molinari non acqua stentando a fare andare una mola onde si stenta a far macinare il grano bisognevole pel vitto, e sono cinque anni che sempre vi è stato asciutto, e nonostante la d. siccità, per essere piovuto di tempo in tempo tanto che bastava per la campagna, vi è sempre stata abbondanza di vino”.

In poche righe emergono alcuni caratteri della Varese di allora. I mulini lungo le sponde dell’Olona che rimangono ancora in alcune vestigia e nei nomi come quelli di Molinetto sulla strada per Bregazzana o Mulini Grassi nei pressi del Borgo di Olona. Così come le vigne e il vino; anche in questo caso rimane poco o nulla nei campi e qualcosa nella toponomastica come per il quartiere di Avigno.

Un’altra ricchezza del territorio era la frutta. “In questa estate – racconta l’Adamollo – vi è stata tanta quantità di frutta che a memoria di uomini vecchi non si è mai vista un’abbondanza simile e perché non si poteva consumarla ed esitarla tutta nel paese sono andati sino sopra le montagne a vederla a quelli abitanti a vilissimo prezzo”.

Quella che emerge in tante pagine è anche la grande operosità dei varesini. Nei primi anni del Settecento – scrive l’Adamollo – “ho visto fare la nuova Chiesa di Casbenno, tutto il Convento e Chiesa de’ Padri Capuccini e terminare il Convento e la Chiesa de’ Padri Scalzi, sbiancare la Chiesa di San Vittore in Varese”.

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