Diecimila presenze in tre giorni.
A tanto ammonta il “bottino” totalizzato dall’ennesimo evento remiero appena andato in archivio sul lago di Varese, la Coppa del Mondo di canottaggio 2023.
Numeri simili, soprattutto se moltiplicati per “tanto” invece che solo per tre, paiono un traguardo irraggiungibile dalla mera capacità attrattiva del nostro territorio. Come a dire: non basta il Sacro Monte, il Campo dei Fiori… Non bastano le ville e i laghi.
Non è mai bastata, insomma, “la nostra bellezza” a sdoganare l’ambizione di Varese come città turistica. Gli asset paesaggistici, culturali e artistici di capoluogo e provincia andrebbero invece ormai ammessi e intesi non come elementi primari del marketing territoriale, quanto piuttosto come una ciliegina sulla torta di una vocazione consolidata e davvero performante: lo sport.
Varese è sport. Quello degli almanacchi, della tradizione, dell’identità: la pallacanestro, i grandi ciclisti, i canottieri. E quello della gente comune, che cerca semplicemente una “palestra” che sappia coniugare passione, bellezza, attrezzature, comodità: le piste ciclabili e podistiche, i sentieri su cui correre o camminare, le montagne da scalare, sempre a piedi o su due ruote.
Varese è sport e lo sport è turismo. Lo hanno capito le istituzioni territoriali, da una decina d’anni a questa parte, che in nome della scommessa hanno talvolta addirittura dismesso lo strabismo, in luogo di uno sguardo comune. Se ne è accorto chi traina e rappresenta le aziende, la Camera di Commercio, che ha creato un organismo ad hoc – la Varese Sport Commission – per mettere in campo una propulsione di idee, eventi e strutture.
Tracciata la via, ora non ci si deve più voltare indietro.
L’imminente ristrutturazione della “Scala del basket”, il Lino Oldrini di Masnago, con il completamento del “terzo anello” che recherà con sé ristoranti, sky box, uffici e il Museo della pallacanestro lombarda, va in questa direzione, ma appare di più come un doveroso tentativo di aumentare le capacità economiche di Pallacanestro Varese.
Ben più indirizzato allo sviluppo del binomio sport-turismo sarebbe cogliere con più vagoni possibile il treno delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Primo passo, già completato nel 2022, il rinnovo del palaghiaccio di via Albani: da un’arena finalmente moderna potranno transitare le squadre nazionali per stage e workout. E se si ambisse anche a qualcosa di più, diventando poi stabilmente un polo di richiamo per gli sport del ghiaccio un po’ come avviene a Gavirate e alla Schiranna con il canottaggio?
E ancora: clamoroso autogol la – si spera provvisoria – chiusura della pista di fondo del Brinzio, dove si sono formati campioni e dove gli appassionati della nostra provincia da sempre arrivano per respirare le atmosfere nordiche. C’è chi vorrebbe evadere da schemi da quartierino iper-burocratizzato, chi vorrebbe rilanciare: con una pista Brinzio-Rasa innevata artificialmente, che diventerebbe di certo una delle più gettonate della Lombardia e avrebbe non molto da invidiare – se non l’altitudine – a omologhe già prescelte per l’evento olimpico.
Il quale interessa soprattutto come “giustificazione”, non in sé: l’importante è quello che accadrà dopo, l’importante sarebbe essere capaci di sognare di accogliere pure gli sciatori, dopo i ciclisti e i vogatori.
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