Spero di poterti confidare ogni cosa, come non ho mai fatto con nessuno, e spero che sarai per me un grande sostegno. Era venerdì, quel 12 giugno del 1942, quando la tredicenne Anna Frank iniziava, nel giorno del compleanno, il suo diario. Per noi rimane la straziante testimonianza dei sogni rubati ad una adolescente. Quelle pagine, comunicazione intima, intreccio di speranze e di giocosità, sono giustamente entrate a far parte dal 2009 del registro Memorie del Mondo Unesco.
Tralasciamo le tristi battaglie legali per cui una sentenza del giugno 2013 stabilì che la “Casa di Anna Frank” di Amsterdam avrebbe dovuto restituire tutti i documenti dei suoi archivi alla Fondazione Frank di Basilea, pensiamo, invece, all’immenso valore degli archivi. Lo è non solo per gli studiosi animati da rigorosa passione come il varesino professore Renzo Talamona, infaticabile scopritore di notizie sul Sacro Monte ma anche per tutti coloro che non accettano il pressapochismo culturale. E fanno bene tutti coloro che danno vita agli archivi, impegnandosi affinché si superi la percezione di luoghi chiusi e di carte ingiallite.
La storia degli archivi ha un suo fascino. Risalgono all’epoca dei Sumeri le prime testimonianze di archivio e nel nostro millennio affidiamo la memoria di documenti, foto e di tutto quanto racconta il nostro esistere alla digitalizzazione sempre più raffinata e precisa. Abbiamo superato in parte l’idea di archivio quale “arsenale del potere” o di segreti da scoprire, come ha punteggiato la storia dell’archivio segreto del Vaticano istituito nel 1612 da Paolo V. Papa Francesco nel 2019 stabilì che venisse denominato semplicemente Archivio apostolico vaticano.
Eppure negli archivi, da quelli pubblici a quelli privati, si depositano “pezzi” di vita, che è sempre un mistero da scoprire e da comprendere. Ma quei “pezzi” bisogna ricomporli, bisogna capirli e comprenderli. Bisogna dialogare con loro senza pregiudizi e amarli, come ha intensamente raccontato la nota studiosa Maria Corti nel suo bellissimo e autobiografico Ombre dal fondo. Sono le ombre che vogliono la luce e non restare prigioniere nei vari preziosi fondi, come quelle letterari. Quelli da lei amati con cura a Pavia. Non torri d’avorio per intellettuali ma fari per gli amanti della cultura.
Per questo grande è il merito degli organizzatori, con capofila il Ma*ga di Gallarate, del Festival degli Archivi del contemporaneo. Seconda edizione, con un titolo quasi provocatorio, “Archivifuturi”. Una parola sola che unisce il passato, anche quello prossimo, con il futuro. Un mese intero, dal 16 giugno al 16 luglio, con un ricco calendario di mostre, laboratori e attività per ragazzi e famiglie, visite agli studi d’artista, spettacoli teatrali e concerti (il programma e le informazioni complete su museomaga.it). Insomma archivi aperti e vivi che fanno scoprire in rete la rete della ricchezza culturale del territorio.
Non sbagliano gli ideatori a parlare di Lombardia come terra di artisti. Tanti anche a Varese e provincia: gli scultori Tavernari e Bodini, l’artista Lucio Fontana nella sua Comabbio. Un lungo elenco che non dimentica la Casa Testori a Novate o l’archivio Missoni a Sumirago e molti altri.
Ampia scelta in un’ampia area geografica eletta – come si legge nella presentazione del Festival – da molti e importanti artisti contemporanei quale luogo privilegiato per la ricerca, la produzione artistica e caratterizzato dalla presenza di musei, fondazioni, case museo e archivi a loro dedicati.
Archivi vivi, arsenali di cultura per il nostro “sostegno”. Un’azione davvero strategica di promozione mediante un’attività di valorizzazione a beneficio del territorio dal punto di vista sociale, ambientale, turistico e anche economico. Ossigeno per la cultura. Con l’auspicio che i giovani vorranno scrivere queste esperienze sui loro diari.
You must be logged in to post a comment Login