Mese di giugno, arriva l’estate e per l’economia varesina sarà un banco di prova, perché alcuni segnali invitano a non trascurare un barometro, in tutti i sensi, non sempre orientato al bello.
Cominciamo dagli aspetti positivi. l’Istat segnala un aumento a livello nazionale degli occupati di 390 mila unità, l’1,7%, con un tasso di occupazione in salita al 61% e quello di disoccupazione in calo al 7,8%. Salgono i dipendenti “permanenti” (+490 mila) e scendono i temporanei (-149 mila). I dati per provincia seguono con un certo ritardo e ci si deve accontentare di quelli di fine 2022. Così, ad aprile la Camera di Commercio parlava di un’occupazione media nel 2022 di 376 mila addetti: 3 mila in più del 2021 ma 5 mila in meno del 2019, ultimo anno pre-Covid, e sale il tasso di occupazione, al 67,2% (6 punti più di quello nazionale).
Sul fronte della produzione, in queste ore l’Istat conferma le stime di crescita economica in aumento in Italia dell’1,2%, che è meno del quasi +4% del 2022, ma decisamente meglio dello “zero virgola” previsto ancora solo pochi mesi fa. Unioncamere Lombardia indica per il 1° trimestre una produzione in linea con il trimestre precedente e del 2,5% sopra l’anno prima. A Varese, l’indagine congiunturale di Confindustria parla di un trend stabile-positivo del 1° trimestre nel manifatturiero, anche se con situazioni variabili tra settori e aziende. Prevale il bel tempo – spiegano negli uffici di Piazza Monte Grappa – nel metalmeccanico, mentre frena un po’ la moda, dopo un ottimo 2022. In questo settore sono calati gli ordini interni ma salgono quelli dall’estero. Per altri settori fortemente rappresentati nel Varesotto come chimico-farmaceutico e gomma-plastica, migliora la produzione ma ci sono segnali di frenata sugli ordini anche ttese più ottimistiche sono state espresse però per il trimestre in corso.
Gli aspetti negativi riguardano soprattutto il mercato del lavoro. La ripresa sembra non aver avvantaggiato l’occupazione femminile che, afferma il presidente della Camera di Commercio Mauro Vitiello, “è scesa dal 60 al 58,7% nel corso del 2022, pur rimanendo al di sopra del dato italiano, pari al 51,1%. A livello locale, cresce l’attenzione rispetto a questa evidenza che merita un approfondimento con tutti gli attori nell’economia territoriale». Aggiungiamo che il tasso di occupazione complessivo “varesino” è del 67,2% superiore al 60,1% nazionale, ma inferiore al 68,2% lombardo proprio per la minor presenza femminile che a sua volta riflette la prevalente vocazione manifatturiera di Varese, a scapito di servizi e agricoltura.
Il problema più acuto è rappresentato dalla difficoltà di trovare il personale. Sempre più aziende segnalano problemi a trovare persone adeguate in una provincia che al sud sente la concorrenza milanese e al nord la tremenda pressione del Canton Ticino. Confindustria denuncia il peso di un gap fiscale-contributivo, oltre che salariale, insostenibile per le aziende varesine e In questi giorni il Parlamento ha ratificato i nuovi accordi fiscali italo-svizzeri sui frontalieri, che sottoporranno però solo i nuovi assunti al decisamente più svantaggioso carico fiscale italiano. Le nuove norme prevedono la possibilità di “assegni integrativi” per i dipendenti al di qua del confine, ma si dovrà vedere a chi e come.
Al consueto “mismatch” tra domanda e offerta che riguarda le competenze richieste, si sommano intanto gli effetti Covid. Come riconoscono anche in Ascom-Confcommercio a Varese, “quando causa Covid alberghi e ristoranti dovevano restare chiusi, parte del personale ha dovuto cambiare il non datore di lavoro ma proprio l’attività”. Vie d’uscita senza ritorno e così il rapporto Excelsior-Unioncamere segnala Il settore della ristorazione come quello che ha avanzato più richieste nel 2022, per 7.490 unità, di cui il 53% difficili da trovare, seguito a distanza dagli addetti alle vendite (4.510), più agevoli però da trovare. I servizi di alloggio, ristorazione, turismo sono anche quelli che cercano maggiormente giovani sotto i 29 anni (48%). Insomma, sarebbero un’ottima opportunità, ma quando cercano il personale, le aziende locali nel 25% dei casi non trovano candidati e nel 22% non trovano la preparazione giusta. Il problema è comune anche ad altri settori dell’economia varesina dall’industria del legno e mobili alle imprese elettriche ed elettroniche e alle costruzioni, ma a colpire nel caso di ristorazione e turismo sono i numeri assoluti. Orari “scomodi”, retribuzioni e contratti non sempre convincenti, stagionalità, non aiutano e, dopo la grande fuga del 2020-21, un settore chiave per la ripresa potrebbe ora essere a rischio.
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