Era difficile scontentare tutti, ma Elly Schlein sembra esserci riuscita. Segretaria da tre mesi, ha annunciato capriole radicali cui sono seguite vaghe chiacchiere di purezza. Se ne dolgono quelli che l’han votata, dentro e fuori il Pd. Aspettavano una svolta nei fatti, ultimata la via maestra dei propositi. Ancora non s’è vista (arrivare). Tanto che Conte, pur perdendo consensi di elezione in elezione, le può insidiare il favore dei più arrabbiati verso il governo Meloni; e idem la sinistra-sinistra, l’universo rosso verde che immaginava un rapido processo di mutazione dei Dem. Ma va là.
Allo stesso modo, i riformisti del partito, l’ala Bonaccini, obiettano alla leader d’aver toppato alle amministrative (buoni numeri in assoluto, cattivo risultato come alleanze), agendo senza consultarsi con ogni componente interna. Stessa accusa a proposito della gestione ordinaria, che viene indirizzata dal cosiddetto “tortellino magico”. Altro che coinvolgimento ecumenico.
Il risultato è un Pd in deficit di “visione”. Non è chiaro se la Schlein voglia intendersi con l’M5S, ripuntare sul fantomatico campo largo, erigere uno steccato coi residuali centristi di Renzi-Calenda, i postdiccì e così via. Oppure tirar dentro nella coalizione il detestato Terzo Polo o il poco che ne rimane. O magari un misterioso altro.
Di sicuro la pazienza, sui due fronti del nervosismo allarmo-cromatico, galleggia al limite della tollerabilità. Specialmente in vista delle candidature alle europee 2024: i nomi per Strasburgo rifletteranno l’orientamento per Roma, questo lo capisce chiunque. E dunque li si leggerà anche come programma, patti d’azione, prospettiva. Di qui il pressing già iniziato attorno alla segretaria, che si trova nella morsa di due mondi differenti: tenerli insieme non sarà facile. Forse lo è di meno scegliere un’opzione e che sia quella, anche al costo di recidere legami forti: le scissioni dentro un partito non sempre si rivelano mortifere, a volte trasmettono nuova linfa a una pianta destinata a cadere se lasciata senza cure adeguate.
Elly si difende: io finita? State comodi, sono qui per restare. Sì, ma restare in che modo, facendo cosa, accompagnandosi a chi? Non è l’epoca in cui dire: diamoci il tempo d’una legislatura, e vedrete che bella traversata faremo. È l’epoca della velocità, dei cambiamenti rapidi, delle sorprese e risorprese populiste-popolari. Dunque bisogna precedere gli eventi, intuire l’andazzo, esser più svelti della concorrenza. Se no, nel caso in cui i rivali di colpo si schiantino, ti scopri impreparato a succedergli. Il peggio dell’arte politica.
You must be logged in to post a comment Login