L’Oceano Artico, ancora una volta, è in prima linea nel cambiamento climatico, poiché sta vivendo aumenti di temperatura sproporzionatamente più elevati rispetto al resto del pianeta. In tal modo innesca una serie di effetti a cascata: un processo mediante il quale la regione artica si riscalda a un ritmo più veloce rispetto alla media globale.
Questo rapido riscaldamento non sta solo destabilizzando il delicato equilibrio al Polo, ma sta avendo profonde implicazioni per i modelli climatici globali, le popolazioni umane e la fauna selvatica anche alle nostre latitudini.
I satelliti hanno testimoniato l’impatto dell’aumento di temperatura sul fitoplancton e sulla produttività della vegetazione, nonché sull’attività umana e sulle infrastrutture. Ad esempio, nel maggio 2020, è stata dichiarata un’emergenza dopo che circa 20.000 tonnellate di gasolio sono fuoriuscite da un serbatoio di una centrale elettrica vicino a Norilsk in Russia. Il petrolio ha contaminato il fiume Ambarnaya, che sfocia nel lago Pyasino, un grande specchio d’acqua, in seguito al causato dal crollo di un pilastro, crollato perché il terreno era diventato instabile a causa dello scioglimento del permafrost.
Oltre a causare problemi alle infrastrutture, quando il permafrost si scioglie rilascia nell’atmosfera grandi quantità di metano e anidride carbonica, creando un pericoloso circolo vizioso che aggrava ulteriormente il riscaldamento globale.
Il motore principale dell’amplificazione artica è la scomparsa del ghiaccio marino, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli più bassi, senza precedenti. Man mano che più ghiaccio scompare, la superficie scura dell’oceano esposta assorbe più calore, portando a un ulteriore riscaldamento e alla perdita di ghiaccio. Inoltre, i venti che soffiano sulla superficie esposta dell’oceano aumentano le onde superficiali attraverso l’accoppiamento per attrito. Le onde quindi inibiscono il ricongelamento erodendo meccanicamente il ghiaccio mentre si forma, e questo può guidare modelli di circolazione oceanica completamente nuovi e più energici attraverso l’Oceano Artico, portando ulteriormente la regione in un nuovo stato dinamico.
I dati rilevati dai satelliti hanno rivelato diminuzioni significative del ghiaccio marino artico, in particolare durante i mesi estivi, evidenziando l’urgenza di un intervento. Oltre a misurare il ghiaccio marino, i satelliti hanno facilitato l’osservazione di altri parametri vitali, tra cui la temperatura superficiale, l’albedo e la composizione atmosferica.
Inoltre, lo scioglimento della vasta calotta glaciale della Groenlandia, alimentato dall’amplificazione artica, sta contribuendo all’innalzamento del livello del mare a livello globale. Il rilascio di acqua dolce dallo scioglimento dei ghiacci nell’Oceano Atlantico settentrionale sta interrompendo i modelli di circolazione oceanica, portando potenzialmente a eventi meteorologici più estremi come tempeste e ondate di caldo in varie parti del mondo, fino al bacino del mediterraneo.
Craig Donlon, direttore dell’ESA (il portale dell’Agenzia Spaziale Europea) ha dichiarato: “Il fenomeno dell’amplificazione dell’Artico e la sua relazione con l’emergenza climatica globale serve come un duro promemoria del fatto che le conseguenze del cambiamento climatico non sono minacce lontane ma crisi immediate e in accelerazione, che colpiscono non solo le persone che vivono nell’Artico, ma alla fine tutti noi, a cominciare dalle zone lambite dall’oceano Atlantico e dal mare Mediterraneo”.
Le stesse alluvioni in corso nella nostra penisola sono un preavvertimento da prendere in serissima considerazione.
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