Che l’Italia abbia bisogno di una riforma per rafforzare il sistema di governo e la sua fragile stabilità strutturale è evidente. Che provi a farlo una maggioranza politica uscita chiaramente vincitrice dalle urne è naturale. Più che giusto che attivi un confronto con le opposizioni.
Preoccupante è invece la confusione fortissima sulle ipotesi di riforma che la maggioranza vorrebbe. Chi ci ha capito qualcosa alzi la mano.
Davvero non si sa quale sia la proposta di Giorgia Meloni come leader della coalizione – e non come capo del governo essendo la riforma di competenza del Parlamento.
Era partita con il semi presidenzialismo e cioè con l’elezione diretta del Presidente e tutto lasciava supporre che il riferimento fosse quello francese. Su questo piano aveva trovato l’intesa con Salvini desideroso di far passare subito l’Autonomia differenziata delle Regioni in cambio di qualcosa molto nebuloso e in là nel tempo. Scambio che fatto in questo modo sarebbe insensato.
La leader della destra sembra adesso più propensa a perseguire l’elezione diretta del capo del governo. Solo che questo sistema non esiste in nessuna democrazia europea. Era stato introdotto circa vent’anni fa in Israele e poi rapidamente cancellato.
La cosa più stupefacente è che fra le due ipotesi del semi presidenzialismo e del premier eletto dai cittadini non c’è solo una maxi differenza, c’è una netta contrapposizione concettuale e strutturale che andrebbe subito risolta.
Col premier eletto si svuoterebbero i poteri del Presidente della Repubblica e si indebolirebbe moltissimo il Parlamento mentre semmai la sua forza rappresentativa andrebbe aumentata cambiando una pessima legge elettorale.
Le riforme di sistema dovrebbero tenere conto della storia, dell’indole, delle correnti di pensiero presenti nella società profonda. C’è quindi bisogno di un cambiamento nella forma di governo che non stravolga la Costituzione pur modificandola. Il modello che più si avvicina a questo schema – che indubbiamente rafforzerebbe la governabilità – è quello in vigore in Germania con la sfiducia costruttiva.
Con questo riforma aumenterebbe di molto la stabilità dei governi. Ottenuta la fiducia delle Camere il governo in carica potrebbe formalmente essere messo in crisi solo dopo che sia stato indicato un successore con la sua maggioranza. Il “premier” avrebbe più poteri, compresa la nomina e la revoca dei ministri. Tutto ciò porterebbe alla riduzione della decretazione d’urgenza.
Fatto molto importante, sarebbero salve quasi tutte le prerogative del Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento che è sempre stato un elemento decisivo dell’equilibrio del sistema istituzionale.
E’ probabilmente l’unica riforma che potrebbe ottenere il voto dei 2/3 del Parlamento e non richiedere il referendum confermativo.
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