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MIOPE

MAURO DELLA PORTA RAFFO - 12/05/2023

Il duello Cavallotti-Macola

Il duello Cavallotti-Macola

In una delle sue ‘Stanze’ sul Corriere della Sera, Indro Montanelli, sollecitato da un lettore, anni orsono, ha ricordato un duello ‘al primo sangue’ da lui sostenuto nel 1930, a Palermo (quando frequentava la Scuola Allievi Ufficiali), conclusosi con una sua vittoriosa stoccata al braccio del contendente.
In ben altro modo e molto più seriamente – afferma il Maestro – si sarebbe risolta la questione solo pochi anni prima, magari ai tempi di Felice Cavallotti (morto con la sciabola in pugno) “chiamato ‘il bardo della democrazia’, che anche sui duelli aveva costruito la sua popolarità”.
Ora, sul Cavallotti e sulla sua propensione per le armi ‘bianche’ ed il confronto ‘sul campo dell’onore’ aveva lungamente investigato negli anni giovanili Piero Chiara, per una ragione del tutto particolare.
Era, infatti, lo scrittore nato, a Luino, proprio in via Felice Cavallotti e quello strano nome, fin da piccolo, era risuonato per lui familiare quasi quanto quello dei parenti, degli amici e dei compagni di gioco, essendo, fra l’altro, inciso sulla targa situata, in strada, appena fuori casa sua.
Purtroppo per Piero, nessuno tra i sodali gli aveva saputo spiegare chi diavolo fosse quel tale e cosa avesse fatto di buono per meritare l’intestazione di una via.
Più tardi, cresciuto e a ripetizione (impenitente asino quale a scuola era) da una vecchia maestra, finalmente Chiara riuscì a sapere qualcosa di più sul Cavallotti.
L’insegnante – che ne aveva ben poca considerazione – infatti, aveva visto personalmente il grand’uomo in giovinezza, durante e dopo un comizio in un paese sulla sponda del Maggiore, comunque attorniato, a suo dire, da gentaglia e, alla fine della giornata, evidentemente ubriaco.
Ancora tre anni ed ecco che Piero – studente al collegio De Filippi di Arona dove il padre lo aveva praticamente recluso disperando ormai delle sue capacità scolastiche – a Dagnente, durante una breve gita di classe, scopre il mausoleo dedicato al Cavallotti in quel cimitero ed apprende che la morte del suo ‘eroe’ era stata determinata da un duello finito male, il trentatreesimo della sua carriera di rompiscatole e provocatore.
Di più, che il Cavallotti – oltre che politico – era anche autore di molti libri e di una lunga serie di drammi.
Tornato al paese per le vacanze, Piero lesse avidamente due di queste opere – rinvenute nella biblioteca comunale – dopodiché, la sua considerazione per le qualità letterarie del ‘bardo della democrazia’ declinò precipitosamente.
Gli restava, però, la curiosità di scoprire come fosse andato l’ultimo e fatale duello, curiosità che appagò quando, infine, scoprì un vecchio giornale illustrato con una litografia nella quale Cavallotti era raffigurato di fronte con una sciabola in mano.
Terminata la lettura, sull’argomento, Chiara sapeva tutto.
L’avversario era tale Ferruccio Màcola (deputato a sua volta, giornalista e, soprattutto, genero di Francesco Crispi, abituale – quest’ultimo – bersaglio delle diffamazioni del Cavallotti) che lo aveva offeso in un articolo e che il bardo aveva sfidato ‘all’ultimo sangue’ lasciandogli la scelta dell’arma che fu, appunto, la temibilissima sciabola.
“Il Cavallotti”, racconta Chiara, “partì ripetutamente all’attacco del Màcola…
Miope com’era, non vide la punta della sciabola avversaria alla quale andava incontro e se ne accorse solo quando l’ebbe in gola”.
Soddisfatta, alla fine, la sua curiosità, Piero poté così passare ad altri interessi, avendo peraltro (come ai tempi Montanelli) sempre in mente quell’impetuoso, scorbutico e temerario deputato, giornalista e poeta che qualche traccia del suo passaggio ha comunque saputo lasciare se ancora adesso ne andiamo parlando.

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