Abbiamo vissuto dal 1950 in poi la guerra fredda fra democrazia occidentale e comunismo, o fra Stati Uniti e Unione sovietica, con l’esito finale che ben conosciamo. Abbiamo poi avuto un lungo periodo dominato dalla sola potenza americana che nel 2001, con Bill Clinton Presidente, ha favorito e voluto l’entrata della Cina nell’OMC, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Da quella decisiva svolta, la Cina in qualche decennio è passata da fabbrica del mondo di prodotti a basso prezzo a grande potenza mondiale. Ce lo hanno ben ricordato le quattro puntate di CinAmerica su Rai 3 di Francesco Costa e Giada Messetti.
Nello stesso periodo di tempo, mentre l’America era impegnata nelle guerre in Afganistan e in Iraq, la Cina penetrava in Africa alla conquista di nuove amicizie politiche e delle “terre rare”, cioè le materie prime indispensabili, fra l’altro, per le fonti di energia rinnovabile. È l’inizio della grande sfida tecnologica del presente e del futuro, ci insegnano gli analisti.
Al contrario la Russia, dopo un avvicinamento temporaneo all’Europa, ha cercato con Putin di riprendere l’antica vocazione imperiale, causa principale dell’aggressione all’Ucraina. Oggi si appoggia alla Cina ma ormai le superpotenze sono solo due, certamente contrapposte per colossali interessi geopolitici e per ideologia.
La Cina è un Paese con il potere assoluto del partito comunista. Ultimamente con Xi Jinping ha stretto i bulloni sul cosiddetto capitalismo di Stato (libertà relative in campo imprenditoriale) che aveva consentito il grande salto della sua economia. Le libertà politiche sono negate e gli oppositori vengono isolati e resi inoffensivi.
Detto tutto questo, va messo in rilievo che la Cina ha fatto uscire oltre 600 milioni di suoi abitanti dalla povertà più nera.
Dove si manifesta con drammatica evidenza lo scontro di potere, culturale ed ideologico fra le due superpotenze è sul caso di Taiwan governata da un sistema democratico. La Cina considera l’isola come sua e vorrebbe riprenderla con la teoria “Un Paese due sistemi”: una teoria che ha già applicato ad Hong Kong con la fine di molte libertà democratiche. Ma anche dentro l’occidente le difficoltà di sistema certamente non mancano.
Un esempio? La Cina appare al mondo come in grado di stipulare impegni che in futuro possono essere mantenuti per l’intoccabilità della leadership. Xi Jinping si è appena assicurato altri cinque anni di guida assoluta che si aggiungono ai dieci già fatti. Cosa accadrà invece l’anno prossimo alle elezioni presidenziali americane? Saprà l’America tenere fede agli impegni che assume oggi? Questa la domanda, ci dicono le cronache più affidabili, che nel Pacifico, in Asia e in Africa molti Stati si fanno.
In sostanza, niente è già determinato e molto evolve con rapidità. Se la Cina deve tenere sotto controllo le sue mire imperiali, l’America deve accettare la realtà multipolare negli equilibri globali. In questo quadro l’Europa potrebbe giocare la sua partita se diventasse sempre più unita politicamente e sempre meno un insieme di Stati litigiosi.
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