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Opinioni

“PENSATA”

EDOARDO ZIN - 12/05/2023

moro«Che cosa stai a fare lì la stampella al PD» mi apostrofa un amico con cui scambio volentieri riflessioni sul momento politico. E continua: «Tu, cattolico militante, non potrai mai attuare il bene comune in un partito di sinistra». Ed io di rimando: «E tu, nel tuo movimento politico di destra, come potrai realizzare l’insegnamento sociale della Chiesa?». È la domanda che si pongono molti cristiani.

Ormai nel Paese, dove abbonda l’arroganza del potere, non si può più scegliere un partito dai programmi: tutto è fluido, tutto non è verificabile, mentre la Politica è l’arte del confronto e dell’incontro costruttivo tra proposte e interessi diversi.

Mancano nei partiti la vivacità della creatività, il franco discutere, il portare tutto a sintesi (Lazzati), “il pensare politicamente” (Moro), “la capacità di composizione” (Prodi) che tengano assieme pulsioni molto variegate pienamente accettabili assai più del bilancino del potere interno o della smania del successo elettorale conseguita mettendo assieme idee di forze spesso in contrasto tra di loro.

I cristiani sanno di vivere in una stagione politica segnata dalla ricchezza concentrata nelle mani di una porzione piccolissima di persone o di potenti multinazionali. Mentre i poveri litigano sul salario minimo – giustissimo e apprezzabile in una società democratica! – guardando il proprio dito piuttosto che la luna, i potenti giocherellano con le bombe atomiche, la Costituzione viene distorta con l’abolizione di un fisco non progressivo, la protezione sociale per i più fragili è attenuata, la politica sanitaria pubblica viene smantellata a favore di quella privata, non si rafforzano i canali per l’immigrazione, la catastrofe ecologica sta diventando un dramma che distrugge il pianeta. Dove i cristiani possono trovare uno spazio per attuare una politica che ostacoli questa tendenza che aumenta ancor più le disparità sociali? Sanno i cristiani che non possono restare ignavi, che devono entrare in politica non per testimoniare, ma per cambiare le cose, senza voler coinvolgere la Chiesa in risse di parte?

MI sembra di sentire i soliti zeloti che imputano ai cristiani impegnati in una forza riformista e riformatrice di essere complici con chi intende allargare i cosiddetti diritti civili fino al punto di accettare norme che oltraggino i diritti inderogabili per un cristiano o di favorire un pacifismo anarcoide.

Possono star sereni questi intransigenti. I cristiani, in qualunque partito essi militino, sanno ben distinguere il desiderio di avere un figlio dal diritto di averlo a tutti i costi. Sanno bene che l’utero in affitto è una mercificazione del corpo umano e, se si dovesse giungere al punto di legiferare su questo argomento, i cristiani chiederanno a tutti i parlamentari di votare secondo coscienza.

I cristiani sanno “Sognare il dolce sogno della pace” (Kant) e sanno che per immaginare un altro mondo possibile occorre prima di tutto educare alla convivenza civile partendo dal proprio nucleo familiare fino all’unità del genere umano, passando per la scuola, il lavoro, il quartiere, la città. Sanno pure che se vogliono la pace è perché essa resta di un’accecante realtà. I popoli hanno diritto alla difesa contro l’aggressore, ma c’è una proporzionalità dell’uso delle armi nella legittima difesa. La pace non si raggiunge solo con la vittoria di una parte, ma anche con la liberazione di schemi mentali, con l’assenza del timore, nella tranquillità dell’accettazione delle differenze e con un’ostinata perseveranza, una paziente tenacia, una lotta interiore tra l’indifferenza e l’inquietudine. Potranno dunque i cristiani militare o votare per un partito di sinistra?

Alla domanda rispondo positivamente: il cristiano può (anzi, deve) impegnarsi al servizio della politica purché essa sia democratica e inclusiva, orientata da una visione culturale che si fonda sul valore della persona e della comunità, che miri agli interessi dei cittadini nel quadro generale del “bene comune”, ispirata dalla concezione della laicità, in un contesto di società pluralistica e che fa del dialogo il metodo fondamentale di partecipazione. Gli slogan urlati nelle piazze, le zuffe intorno all’anacronismo dei vestiti dei leader, gli annunci pronunciati in una fiction da Beautiful, le piattaforme informatiche che aggregano, ma non uniscono legami veri, non appartengono a coloro che credono in una “politica pensata”. È questa la differenza dei cristiani.

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