(S) Finiamo il lavoro! Chiariamoci le idee, al termine di una settimana che ci ha fornito più di uno spunto paradossale. Avevamo appena finito di attribuire al Parlamento il compito di rappresentare, quasi incarnare direi, la sostanza della democrazia, che incorre nello scivolone.
(C) È proprio una conferma della democrazia parlamentare! Per me è bellissimo che ci sia la possibilità di ribaltare la maggioranza anche solo su una singola questione, anche solo per un errore di calcolo sulle presenze necessarie, per un ritardo, per una trascuratezza. La presenza in Parlamento è una cosa seria.
A proposito dei simboli, quando se ne fa un uso intelligente, non quando si richiamano come pretesti per battaglie verbali o censure estemporanee. Trovo invece molto giusto che a deporre una corona per Ramelli, militante missino vittima della violenza di Avanguardia Operaia negli anni bui del terrorismo siano stati insieme La Russa e Sala. Vi riporto la cronaca da Repubblica.
“Ignazio La Russa sceglie la commemorazione in ricordo di Sergio Ramelli assassinato a Milano nel 1975 a soli diciotto anni da militanti di Avanguardia operaia per lanciare un invito alla pacificazione nazionale”. Proprio per rimarcare il suo invito, il presidente del Senato ha ceduto al sindaco di Milano Beppe Sala, presente anche lui alla cerimonia ai giardinetti intitolati a Ramelli il compito di deporre la corona di fiori.
“Riconciliazione significa tantissimo – gli ha risposto Sala – Bisogna essere capaci da tutte le parti di metterla in atto, però è normale, giusto, anche bello che la politica si divida e veda le cose in maniera diversa. Il confronto deve essere sulla base della non violenza e del rispetto delle parole degli altri. Da questo punto di vista non posso che appoggiare quello che dice il presidente del Senato, che si debba trovare una forma per riconciliare questo Paese”. Subito dopo il presidente La Russa ha osservato che sul cippo che ricorda il giovane militante del Fronte della Gioventù c’è scritto: “In memoria del giovane Sergio Ramelli, in nome di una pacificazione nazionale che accomuni in un’unica pietà tutte le vittime innocenti della nostra storia come monito alle generazioni future“. “Io ci tengo – ha aggiunto – a questa iscrizione, non sempre ci sono questi linguaggi: è un richiamo a una pacificazione nazionale”.
(O) Purtroppo non finisce lì. Le buone intenzioni dei vertici istituzionali sono subito dimenticate: poche ore dopo, nello stesso luogo sfilano gruppi di estrema destra facendo il saluto romano e a questo punto insorge l’Anpi, il giorno dopo, per i saluti romani e la cerimonia del presente” durante la manifestazione organizzata come ogni anno dalle sigle della estrema destra. “Accade ogni anno, ogni volta, questo sfregio alla Costituzione e alla Memoria della Resistenza e delle vittime del fascismo, così come accadrà a Dongo il 7 maggio. Eppure continua a non essere vietato. Uno sfregio nello sfregio”.
(C) Insisto, tutti devono deporre le armi, anche quelle delle parole e dei simboli. Non che debba essere vietata la memoria, ma fatta con rispetto. Per esempio, la famiglia Mussolini, alla messa di suffragio tenutasi a Predappio, un luogo ancora più simbolico, ha imposto di evitare i saluti romani e le ‘mascherate’ di fez e stivali. Quanto all’essenza della Costituzione ricordo che è per natura antifascista, essendo democratica. Questo non vuol dire che possa essere brandita come un’arma per escludere qualcuno dalla cittadinanza. Anzi, il divieto di ricostituzione del partito fascista serve a focalizzare l’area dell’esclusione alla specifica attività politica. Lo dico per rimuovere la polemica contro lo storico Franco Cardini, che qualche antifascista eccessivamente militante avrebbe voluto silenziare.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
Foto manifestazioni
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