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Politica

SCELTA D’UN SOGNO

EDOARDO ZIN - 05/05/2023

9-maggioLa pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionati ai pericoli che la minacciano.”: queste parole di estrema attualità – ricordate anche da papa Francesco a Budapest – furono pronunciate il 9 maggio 1950 da Robert Schuman, ministro francese degli Esteri, che in tal modo si addossava la responsabilità politica di promuovere la prima forma d’integrazione e di cooperazione europea (la C.E.C.A.), il germe da cui sarebbe nata l’odierna Unione Europea.

Ciò che aggregava allora i sei paesi fondatori in quella insolita comunità era un’esigenza morale che univa sia gli ideatori, come Jean Monnet, che gli uomini di idee e di convinzione, come Adenauer e De Gasperi.

Oggi l’Europa non è morta, è in agonia soprattutto a causa dei sovranismi di alcuni Paesi e dell’assenza sulla scena politica europea di politici mediatori efficaci e disinteressati. Ognuno pensa alle prossime elezioni nazionali e non al futuro del vecchio continente, alle cui frontiere dell’est si combatte una vera guerra di liberazione contro l’aggressore. La politica europea, di natura principalmente economica, è assente dai dibattiti dell’opinione pubblica: nei vertici, tra strette di mano, sorrisi, incontri bilaterali regna l’ipocrisia, mentre oggi, più che mai, abbiamo bisogno di una Politica che diventi profezia: Schuman è stato un uomo politico che ha sviluppato un progetto comune che gravita sì attorno all’armonizzazione delle economie, ma che non tralascia i diritti individuali e sociali. Ha testimoniato che la Politica è basata sul dialogo, sulla comprensione reciproca, sulla solidarietà. Era realista, semplice, ma non sempliciotto, abile, ma non sprovveduto, mite, ma non buonista, mediatore senza intermediari. Ha saputo raggiungere il suo scopo senza sotterfugi perché era dialogante, ma non arrendevole.

La pace per Schuman non era un sogno, ma una scelta. Oggi la pace potrà sembrare impudica perché accetta il compromesso, ma essa rende possibile la coesistenza fra i popoli. Per aiutare a costruire la pace in questa terza guerra mondiale “a pezzi”, momento cruciale per la stessa Unione Europea, gli europei devono dimostrare che costituiscono una comunità di valori con un comune destino. In un mondo turbolento e globale è il momento di compiere passi coraggiosi e comuni per volere la pace. È tempo di unità europea, non di divisione fra stati e nello stesso stato.

Tutto ciò si attua con idee che guidino un’azione politica europea comune a ogni paese. E le idee non si attuano con il bilancino usato dalle burocrazie, ma con una generale visione d’insieme.

Schuman aveva appreso dal suo grande amico Jacques Maritain, di cui in questi giorni abbiamo ricordato i cinquant’anni dalla morte e di cui il “nostro” Piero Viotto è stato uno dei massimi studiosi, che il primo carattere dell’Europa è quello di essere personalista cioè centrata sulla dignità della persona umana perché questa ha una vocazione che fugge all’individuo e al collettivismo; ogni persona deve avere riconosciuti i suoi diritti civili e politici, oltre che sociali. Il secondo carattere è quello di essere comunitaria perché l’uomo è un essere vivente che tende alla vita sociale: l’Europa favorisce la prosperità economica, le cui risorse devono essere distribuite in modo equo fra tutti i Paesi rispettando il bene comune della comunità. Il terzo carattere è quello di essere pluralista: in questo senso deve rispettare tutte le diversità ed arricchirsi di esse piuttosto che condannarle; rispettare l’autorità che proviene dai trattati e dalle democratiche istituzioni comunitarie.

L’Unione Europea ha superato con fatica, dopo la seconda guerra mondiale, l’odio tra nazioni nemiche. Oggi deve superare lo spettro dei localismi e dei sovranismi. Il nemico dell’Europa si è spostato non tanto oltre i confini di ciascuno stato, ma all’interno dell’Unione, mentre nuovi nemici imperiali, ideologici, planetari sorgono nella stessa Europa. Ci si può perdere, tutti assieme. Ma ci si può salvare, tutti insieme.

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