Per la prima volta da quando Paolo VI lo istituì il 15 settembre 1965, le donne e i laici parteciperanno con diritto di voto al Sinodo dei vescovi, l’organo centrale consultivo della Chiesa che ha lo scopo di favorire l’unione e la collaborazione strette fra il papa e l’episcopato. Un organismo talmente importante da essere collocato nel Codice canonico, su richiesta di Montini, prima del collegio dei cardinali. Il Sinodo dei vescovi fornisce informazioni dirette sui problemi della vita ecclesiale e della sua azione nel mondo, esprime pareri sulle questioni per le quali è convocato e facilita l’accordo sui punti essenziali della dottrina e della vita interna della Chiesa.
È l’ennesimo “strappo” voluto da papa Francesco che, con il provvedimento del 17 aprile, ha modificato il regolamento dell’assemblea generale che si terrà in ottobre in Vaticano. Vi prenderanno parte con diritto di voto 70 membri “non vescovi”, di cui la metà donne, tra religiosi, religiose, laici e laiche nominati direttamente dal papa; e cinque superiori generali femminili (e altrettanti maschili) eletti dalle rispettive organizzazioni. In tutto 40 donne su un’assise di 370 membri votanti. “Non è una rivoluzione – commenta il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo – ma un cambiamento importante”.
A dispetto dell’insistenza con cui autorevoli vaticanisti continuano a evocare le dimissioni di Francesco che prima vedevano in conflitto e ora giudicano curiosamente penalizzato dalla morte di Benedetto XVI, il papa prosegue imperterrito l’opera di rinnovamento della Chiesa a cui agogna, inclusiva e moderna. La strada è impervia e gli crea molte inimicizie ma non c’è carrozzella, intervento chirurgico o ginocchio dolorante che lo fermi. La decisione di coinvolgere le donne nelle scelte che contano della Chiesa, in modo strutturale, è stata presa dopo aver consultato tutte le diocesi del mondo: da cui giunge l’appello di valorizzarle con pari dignità degli uomini.
La svolta era nell’aria. Nel 2021 Francesco aveva eccezionalmente nominato suor Nathalie Becquart sottosegretario del Sinodo con diritto di voto e a luglio 2022 inserì tre donne – suor Raffaella Petrini, suor Yvonne Reungoat e la laica Maria Lia Zervino – nel dicastero che valuta le candidature dei vescovi, prima volta in assoluto per una congregazione storica della Curia romana fino ad allora tutta al maschile. Conferire responsabilità ecclesiali di vertice a religiose e laiche, dopo un’esclusione millenaria, era richiesto a gran voce dalle donne della chiesa tedesca e il papa non si è tirato indietro: “Offrirò loro l’occasione”, prometteva da tempo.
Il nemico dichiarato della Chiesa di Francesco è il clericalismo, “il virus del potere per il potere” che cerca nella carriera comodi spazi da gestire e che fa resistenza alle novità. Il papa gli oppone la visione di una Chiesa che si evolve. L’apertura del Sinodo al voto dei laici e delle figure femminili riaccenderà forse le polemiche da parte di chi la giudica una Chiesa “dogmaticamente traballante”. Ma è il segnale di una nuova mentalità: “Prima le giovani donne decidevano spesso di allontanarsi dalla Chiesa che non le integrava a pieno titolo – applaude l’ex presidente di Azione Cattolica, Paola Bignardi – la riforma è dunque benvenuta”. Saprà invertire la tendenza?
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