Tutto come previsto e, del resto, lo avevamo scritto a chiare lettere già la scorsa settimana: la Openjobmetis è stata parzialmente graziata dalla Corte d’appello della FIP (non più 16 punti di penalizzazione ma “soltanto” 11) ma non potrà disputare i playoff che aveva guadagnato sul campo e dovrà guadagnarsi aritmeticamente la salvezza nella partita in programma a Masnago domenica 30 aprile contro la Givova Scafati o nella successiva trasferta del 7 maggio sul campo della capolista Virtus Segafredo Bologna.
Domenica sarà anche l’ultima apparizione casalinga di questa squadra che ha davvero fatto innamorare i suoi tifosi e che nell’occasione farà con ogni probabilità registrare il tredicesimo “tutto esaurito” consecutivo, un risultato inedito nella quasi ottantennale storia della Pallacanestro Varese.
Società e squadra pagano dunque a carissimo prezzo la serie di errori, omissioni e leggerezze commessi nella gestione complessiva del “caso Tepic”.
In particolare, a generare le due sentenze degli organi giudicanti della FIP che in prima istanza avevano penalizzato la Openjobmetis addirittura di 16 punti (dunque a un solo passo da una sportivamente tragica retrocessione in LegaDue), poi “corretta” con la restituzione di 5 punti, è stata la non menzione della pendenza con il giocatore serbo all’atto dell’iscrizione della squadra al campionato in corso con un documento prodotto lo il 30 maggio 2022.
Nella motivazione della prima sentenza, emessa lo scorso 13 aprile, era esplicito il riferimento al Regolamento Esecutivo del Settore Professionistico che – è riportato nel testo della sentenza – “all’art. 21 disciplina gli obblighi di informativa periodica alla ComTeC e che, alla lettera f), prevede che tra la documentazione da depositare attestante l’attestazione degli emolumenti, indica al punto 23 che “In caso di contenzioso le società devono depositare presso la Comtec la documentazione comprovante la pendenza della lite non temeraria innanzi al competente organo”“.
La Pallacanestro Varese, nel documento di iscrizione al campionato firmato dal presidente Marco Vittorelli, non lo ha fatto e questa mancanza costa dunque la qualificazione ai playoff guadagnata con merito sul campo con 16 vittorie.
Sulla possibile riparametrazione della penalizzazione in appello, la previsione, come s’è detto, era decisamente agevole in base a quel “principio di afflittività” chiaramente richiamato nella prima sentenza: “Tenuto conto del principio della afflittività e della posizione in classifica della squadra, la penalizzazione di 16 punti rappresenta la sanzione minima che possa con certezza determinare l’esclusione della squadra dalla disputa dei playoff”.
Insomma, senza mancare di rispetto al lavoro svolto dal poker di avvocati messo in campo dalla società biancorossa (Daniele Bianchi, Angelo Capellini, Giampiero Falasca e Sergio Terzaghi), la sentenza d’appello ci sembrava già scritta, riga dopo riga.
Dopo tre partite rispetto all’esito del primo grado (due vittorie e una sconfitta per la Openjobmetis), la situazione è apparsa decisamente più chiara ai giudici della Corte d’appello che hanno potuto fare meglio i conti, “restituire” 5 punti ai biancorossi ed evitare la retrocessione, anche se, come s’è già detto, la squadra di Matt Brase dovrà ancora guadagnarsi sul campo la salvezza nella partita di domenica 30 aprile.
Ci si chiederà infine perché la Corte d’appello abbia deciso per una punizione “dispari”: lo scopo è di evitare un arrivo della Openjobmetis a parità di punti con altre squadre, con relativa classifica avulsa: si vuole evitare così la possibilità che la posizione “artificiale” della formazione varesina possa incidere in qualche modo nella lotta per la salvezza.
Da valutare la posizione del presidente Marco Vittorelli, inibito per tre anni in prima istanza: nella sentenza d’appello di lui non si fa menzione.
La società ha ribadito la sua buona fede e la tesi dell’errore meramente amministrativo, riservandosi comunque eventuali iniziative (possibile, in teoria, un ulteriore ricorso all’Alta Corte del CONI) dopo avere letto le motivazioni che arriveranno la prossima settimana (“stante la complessità delle questioni oggetto di reclamo”, la Corte ha fissato in dieci giorni il termine per il deposito).
L’auspicio è che questa vicenda possa indurre chi di dovere a una riflessione riguardo un problema che periodicamente torna d’attualità: è giusto mescolare campo e scrivania? È giusto che il risultato del campo possa essere modificato o addirittura stravolto da un giudizio a tavolino?
La risposta, naturalmente, è no. Auguriamoci che questa clamorosa disavventura della Pallacanestro Varese possa in qualche modo favorire una svolta salutare…
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