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Il racconto

L’ABITINO

GIOVANNA DE LUCA - 28/04/2023

carroIl 28 aprile 1945 una giovane donna camminava veloce su una strada di campagna della provincia di ***

Andava nel paese vicino al luogo dove da due anni era sfollata con il marito e la figlia, a cercare una stoffa leggera per un abitino estivo: la bambina cresceva, l’estate padana era vicina.
Camminava in fretta, sapeva che da tre giorni si combatteva alle porte della città la battaglia decisiva per la liberazione dai nazifascisti, per la liberazione dalla guerra e che ovunque altrove accadeva lo stesso. Sapeva che in altre città la liberazione era già avvenuta.

Il percorso era lungo, lo aveva fatto altre volte sempre per un analogo motivo, sempre a suo rischio e pericolo. Ma niente la fermava, quando si trattava della figlia.

Mille pensieri le frullavano in capo, tra timori e speranza, tra desiderio di un futuro sereno e il timore che non potesse realizzarsi. La sua famiglia era tutta divisa, fratelli e cognati in guerra, sorelle lontane. Non vedeva sua madre da tanto tempo e non ne aveva notizie. Un passo dopo l’altro le tornavano alla memoria giorni felici, quando giovanissima andava alle feste da ballo, quando una volta aveva vinto il primo premio per l’abito più bello, che si era cucita da sola, e nessuno lo avrebbe potuto capire! Poi tutto il suo mondo era crollato, ancora le attanagliava la gola quella notte terribile, terribile per tutti, passata a buttare in fretta in un baule il più possibile dopo un bombardamento sulla città che aveva colpito palazzi vicini al suo.

Dovunque la guerra, dovunque donne come lei, dovunque uomini morti.

Mentre questi diversi pensieri le occupavano la mente, sentì un suono di voci e di canti lontani.

Capì che venivano dal paese in cui si recava, affrettò ancor più il passo. Arrivata all’imbocco della strada principale vide: un carro pieno di uomini procedeva sulla via, accompagnato da tanta gente rumorosa, festosa. Erano uomini giovani e meno giovani, ancora armati. Cantavano canzoni di vittoria, lanciavano baci alla piccola folla. Molte donne erano lì, qualcuna piangeva.

Lei sentì un tuffo al cuore, mentre un giovane dal carro le chiese gridando dove andasse, le disse di tornare a casa, le lanciò un bacio.

Capì, pensò che forse suo fratello era su uno di quei carri, che forse era già arrivato dove stava, con altre famiglie sfollate. Il cuore le si divise: correre a casa o proseguire per cercare la stoffa perdendo altro tempo? Riuscì a comprarla, a prendere la strada del ritorno. Signore, Signore, fa che mio fratello sia vivo, che sia su uno di quei carri, ti prego!

Quasi correva mentre di nuovo tante immagini le si affollavano in mente: il suo abito da sposa, modesto abito di guerra, l’uomo amato che la guardava, il sorriso di sua madre…

E arrivò, e di corsa entò nel cortile… e lo vide! Giovane e bello, sorridente, felice mentre alcune ragazzine intorno se lo mangiavano con gli occhi. Allora le mancarono le ginocchia, gli piombò tra le braccia, sentì che altrove altri abbracci avvenivano.

La sera parlarono a lungo, pensando al resto della famiglia, sperando che tutti fossero vivi.

E l’abitino fu fatto, e conservato a lungo, in ricordo.

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