Narra Diane Keaton dell’arrivo sul set di ‘Interiors’ della grande Geraldine Page.
Del lungo discorso, delle indicazioni, delle raccomandazioni di Woody Allen perché la scena a seguire fosse girata secondo necessità.
Della condiscendenza con la quale la Diva ascoltasse.
Della sua successiva interpretazione del tutto indifferente ai desiderata del regista e naturalmente straordinaria, magistrale al primo ciak.
Ecco, sulla scena come sullo schermo, i ‘supremi’, rappresentando se stessi, rappresentano inimitabilmente e indelebilmente i caratteri.
Ragione per la quale, dentro – anche coloro che mai abbiano avuto modo di vederlo e ascoltarlo! – il Nerone folle che inevitabilmente appare allorquando all’imperatore romano tutti pensiamo è quello impersonato da Peter Ustinov nel ‘Quo vadis’ dell’a tal fine ininfluente Mervyn Leroy nel 1951.
Lo ‘vediamo’ (va ascoltato l’originale per cogliere le impareggiabili sfumature) giganteggiare, istrioneggiare, piangere nel lagrimatoio, cantare suonando la lira…
Imperituro!
E non importa affatto sapere che Claudio Nerone era con buona probabilità tutt’affatto diverso.
Che di lui hanno in fondo narrato un acerrimo oppositore quale Publio Cornelio Tacito, dipoi un ostile Gaio Svetonio e gli storici cristiani (dal dente avvelenato per via delle persecuzioni, no?) delle cui testimonianze occorre al riguardo dubitare, e molto.
La ‘follia di Ustinov’ prevale e sempre prevarrà.
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