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Attualità

INQUIETUDINE

EDOARDO ZIN - 21/04/2023

L’Arcivescovo Delpini a Villa Cagnola

L’Arcivescovo Delpini a Villa Cagnola

Se qualcuno, sabato scorso, avesse occhieggiato nella sala “San Paolo VI” della Villa Cagnola avrebbe notato l’auditorium gremito di donne e uomini, giovani ed anziani che ascoltavano le testimonianze di persone che narravano come la loro vita avesse un senso se spesa tra famiglia, professione e impegno per gli altri vissuto nell’amministrare un comune, una cooperativa, un’associazione di volontariato o nel proporre dai banchi del parlamento o del consiglio regionale buone leggi per collaborare ad attuare il bene comune.

Il casuale visitatore avrebbe udito un primario ospedaliero e consigliere comunale fare l’elogio dell’inquietudine che lo coglie di fronte alla complessità del mondo d’oggi e capace di fornire una ricetta semplice: affrontare l’avvenire con il realismo della speranza come promessa per costruire una vita, la vita buona e sentirsi portatore di fraternità.

Avrebbe ascoltato un sindaco che raccontava la sua solitudine nell’affrontare le sue “croci” ed angustiarsi perché il suo cuore non poteva dispensare a tutti soluzioni ai loro problemi, esiti favorevoli a pratiche andate a mal fine, essere incapace da solo di creare una comunità in cui il “noi” prevalga sull’io e il comune diventare comunità.

Avrebbe prestato attenzione a una dirigente di un’associazione cattolica che esponeva la paura che si rivela nelle nostre comunità civili ed ecclesiali di fronte alla guerra, alle nuove povertà, ai disagi dei giovani e che invocava maggiore coesione per far tornare i cittadini alla partecipazione civile e per dare una valenza alla Politica, per ricercare nuove strade da percorrere per tenere uniti i credenti nel testimoniare il Risorto.

L’occasionale ospite sarebbe stato mosso a sedersi e ad ascoltare le risposte che l’arcivescovo Mario dava ai suoi interlocutori. Anzitutto, avrebbe ascoltato l’elogio che egli faceva degli amministratoti onesti che hanno a cura il loro Comune, ad accordare la complessità con le necessità e a combattere l’individualismo e la disaffezione. L’inquietudine – dirà – «non è solo un’inclinazione depressiva, ma piuttosto un rimedio per contrastare la soddisfazione narcisistica che si assesta in un egocentrismo rovinoso…».

«I diritti non consistono nel concedere quello che ognuno vuole – diceva l’arcivescovo e continuava – L’Europa intera si sta suicidando nel divulgare diritti che tali non sono». I cittadini devono rispettare e sostenere le istituzioni con tre sguardi: quello escatologico, sapendo che la città terrena deve essere costruita sul modello della Gerusalemme celeste per cui non devono cadere nel peccato della rassegnazione, con quello profetico, simile a quello di coloro che non temono di urlare le ingiustizie e a denunciarle, con quello sapienziale che indica le strade praticabili. Ai responsabili della cosa comune, l’Arcivescovo rivolgeva l’invito ad avere fiducia, anche quando si è immersi in un compito che molti credono essere solo impiegatizio, a espandere gioia, a fare il bene («anche se oggi sembra difficile farlo!»), conferendo piccoli incarichi anche ai giovani e a promuovere l’amicizia e la solidarietà fra gli abitanti, come può essere l’accoglienza agli stranieri, l’aiuto a chi può soffre.

Infine, non poteva mancare un cenno sull’irrilevanza della presenza dei cattolici in politica. «Che cosa unisce i cristiani? – si chiedeva l’arcivescovo – Ci unisce il monte di Dio, dove Dio consegnò al suo popolo la legge, e la casa del Siracide che detta regole, comportamenti frutto di realismo, di compromessi e che oggi troviamo nell’insegnamento sociale della Chiesa». Occorre fare dell’ideologia non uno spartiacque, usare la fede non per creare degli schieramenti, non essere contrapposti, rigettare la demagogia, ma fare del monte di Dio e della casa del Siracide le basi per fondare un patto etico che sia utile al legislatore per formulare delle buone leggi.

Anche l’uditore laico avrebbe scorto nelle parole dell’arcivescovo l’invito di Bauman al legislatore di svolgere anzitutto un lavoro di comprensione dell’epoca e della comunità in cui vive e quello di Bobbio che invita il politico ad essere uomo di cultura. Il cristiano, pur non rifiutando i due intellettuali, dovrebbe coinvolgersi più chiaramente nella prassi politica a proprio rischio e pericolo senza compromettere la Chiesa in scelte di parte. Ma non da solo. Tutti assieme.

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