(C) Il CAFFÈ di Gramellini (sul Corriere di martedì 18 aprile) inneggia al bel gesto di una schermitrice che, trovandosi in svantaggio a qualche decina di secondi dal termine dell’incontro e potendo vincere a causa di un infortunio dell’avversaria, accetta la sconfitta lasciando trascorrere il tempo. Lo ritiene un gesto meritevole di tanto onore perché insolito anche nel mondo sportivo o perché esempio necessario in tempi di tanto grande ribalderia, negli affari e in politica?
(S) Un esempio che vale pochino… Giusto oggi ne compare uno simile su You Tube, di un calciatore che si ferma, ma nemmeno in procinto di segnare come invece promette il titolo. Che cosa c’era in ballo? Un gran premio? Un titolo mondiale, un’Olimpiade? Allora il gioco si fa duro. Ricordo un fatto che coinvolse un nostro lottatore, già medaglia d’oro dell’Olimpiade precedente, che perse al primo turno di quella successiva, perché all’inizio del combattimento porse la mano per salutare l’avversario e quello gliel’afferrò per buttarlo a terra e vincere l’incontro. Nell’indifferenza dell’arbitro.
(O) Al contrario io ricordo proprio nel caso di un’Olimpiade un gesto di grande sportività, Quando Eugenio Monti seppe che i due avversari britannici, Tony Nash e Roby Dixon, rischiavano di dover rinunciare alla discesa decisiva per un bullone mancante al loro bob, non esitò a cedergliene uno della dotazione italiana. Proprio grazie a quel gesto Nash e Dixon vinsero l’oro superando anche gli italiani. A Monti poi fu conferito il Premio De Coubertin, il più alto concesso al merito sportivo. Monti poi vinse due ori all’Olimpiade successiva.
(S) A ogni sacrificio segue una ricompensa… canterebbe Carmen Consoli. Ma non è vero e non è questo il fondamento della morale, disciplina assai dimenticata oggigiorno, anche da quelli che pretenderebbero d’insegnarla, come i fautori dei ‘nuovi diritti’, ubiquamente operanti sui giornali e media italiani. Quanto a Monti, di cui mi professo incondizionato ammiratore, ebbe poi una vita molto tormentata e sfortunata.
(O) La morale ‘quantitativa’: “la vittoria è l’unica cosa che conta“ (motto della principale società sportiva italiana) o quella di scambio, “faccio un piacere a te, poi tu lo fai a me”, non soddisfano le esigenze profonde dell’Umano, lo riconosce anche Gramellini: “… dato che la vittoria accarezza soltanto l’ego, mentre la rinuncia in nome di un valore morale soddisfa qualcosa di più profondo — la coscienza? l’anima? — di cui molti mettono in dubbio l’esistenza, ma di cui tutti conservano quantomeno il ricordo. Prova ne è che, le rare volte in cui diamo retta a questo «qualcosa», ci sentiamo subito meglio.”
(C) Ma che strano! Ripensandoci, nemmeno il commento di Gramellini, che continuo ad apprezzare, mi pare più così centrato. Per l’indeterminatezza di quel “qualcosa”, per l’idea di rinuncia, che non è affatto quella, che ho in mente io, di sacrificio, che, al contrario è l’affermazione di un valore di più importante, anzi DEL VALORE, altrimenti non sarebbe sacrificio, ma stoltezza e, infine, per un esito, positivo ma parziale, che non è solo ‘sentirmi’, soggettivamente meglio, ma aver la certezza di aver fatto la cosa giusta. Una volta si chiamava giudizio morale.
(O) Quello che manca alla politica di oggi, dunque, non è la sportività, ma il giudizio morale sulla realtà, in base al quale non è detto che si debbano disprezzare gli avversarie svilire le loro proposte. Forse non è il ‘centro’ che manca, visto che non lo trovano neanche i centristi, ma un giudizio ‘centrato’ sulla realtà.
(C) Costante (S)Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti
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