Il caso Calenda-Renzi ha dei profili interessanti che vanno molto al di là del loro infinito egocentrismo che ha pesato molto ma non è stato tutto. Segnala il vizio alla frammentazione del centrosinistra che si annida nel profondo della sua militanza, ma non di chi vota.
Vediamo rapidamente i fatti. I due si erano messi insieme dopo essersene dette di tutti i colori. Una sorta di matrimonio di interessi che, però, a volte dura più di tanti altri.
La telenovela comincia quando Calenda firma e poi straccia in 48 ore il patto con il Pd per le elezioni del 25 settembre.
Ebbene, Calenda aveva la necessità di non raccogliere le firme perché si era praticamente ad agosto. Renzi aveva bisogno di un’alleanza per superare con certezza lo sbarramento del tre per cento ed entrare in Parlamento.
Sia chiaro, fra Calenda e Renzi esisteva ed esiste una buona quantità di posizioni comuni come è del tutto evidente. Più strana era stata infatti la loro antecedente spaccatura. Tutto ciò si inquadrava e si inquadra, come accennavo, in un centrosinistra abituato a fare e disfare i partiti come prima di loro aveva ampiamente fatto la sinistra.
Però stiano tutti attenti. Questo è un fortissimo limite di quelli che amano spezzare il capello in quattro e vogliono stare solo con chi la pensa esattamente come loro. L’elettorato, diversamente, ha mostrato di gradire una sorta di bipolarismo.
Non si dimentichi, peraltro, che i partiti più sono omogenei e più rischiano di essere piccoli e quasi personali come potrebbe accadere a Calenda e Renzi. La loro rottura si giustificherebbe se uno volesse aggregarsi a destra e l’altro a sinistra. Si tratta di questo?
Ci vorrebbe invece quella che Prodi chiama volontà e capacità di “composizione” per tenere insieme un fronte con pulsioni molto variegate. La sinistra senza un buon compromesso con tutti i potenziali attori rischia di non farcela ad essere l’alternativa alla destra.
Un ragionamento simile vale anche per i cattolici che mostrano qualche insofferenza per il Pd della Schlein. Eppure quelli che credono in una visione di centrosinistra farebbero bene a battersi dentro il partito per conquistare o mantenere lo spazio che meritano anziché bisbigliare di separazioni improduttive.
Una grande forza democratica va valutata per quello che è, per ciò che rappresenta e che fa in tutti i territori d’Italia e in questo quadro l’equilibrio fra diverse tensioni culturali esiste ed è valido. L’obiettivo dovrebbe dunque essere una sintesi politica pienamente accettabile molto più del bilancino del potere interno.
Tenere insieme i diritti civili e i diritti sociali. Impegnarsi per un fisco progressivo e per una decente protezione sociale. Lottare per rafforzare i canali dell’immigrazione legale e accogliere anche quella drammatica, quando non tragica, dei barconi. Tutti questi sono problemi che il centrosinistra può affrontare meglio con l’aiuto del cattolicesimo sociale.
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