La presenza di Benedetto XVI a Milano dal 1° al 3 giugno si è collocata in un momento difficile e “chiacchierato” per lui e per la Chiesa: i “corvi” – o presunti tali – che svolazzano intorno alla cupola di San Pietro minacciano non soltanto la fede e l’unità della Chiesa, ma anche di fissare l’avvenimento unico che è la presenza del Papa, in un contesto sbagliato. Nel contesto, cioè, di una Chiesa che sarebbe campo di battaglia per la conquista di un fantomatico “potere” che non si sa bene a chi e a che cosa potrebbe servire.
É vero, ci sono stati in passato e potranno ancora essercene in futuro momenti oscuri nel cammino della Chiesa fondata da Cristo, ma non sono mai stati momenti decisivi: decisive sono state e sono le figure di tanti uomini e di tante donne che – senza apparire sui giornali o sugli schermi televisivi – hanno trovato nella fede in Cristo, nella vicinanza di sacerdoti, religiosi, altri uomini e altre donne credenti ed uniti a loro nella comunità, quella fiducia e quella speranza che hanno consentito non soltanto di sopravvivere ma di trovare un senso per la loro vita.
Ed è in questo quadro che occorre collocare la figura del Papa e, quindi, anche la sua presenza a Milano: il Papa è venuto a Milano per dare – come ha già dato ripetutamente con il suo magistero a Roma e in tante altre parti del mondo – un richiamo, una testimonianza circa le cose veramente decisive della vita.
Innanzitutto è venuto per concludere un incontro mondiale delle famiglie e quindi per ricordare che la famiglia è essenziale, decisiva, indispensabile per la costruzione della vita umana: sia per la testimonianza di amore che i coniugi danno con la loro unione “per sempre”, sia perché, attraverso questa testimonianza, indicano ai figli che questo è l’elemento che costruisce davvero non solo la persona umana ma anche la società superando egoismi, scontri e conflittualità che invece tante volte la rendono così precaria.
E poi è venuto per un momento di condivisione e di preghiera. Specialmente nella celebrazione conclusiva di domenica 3 giugno all’aeroporto di Bresso alla presenza di un milione di fedeli, è venuto per dare indicazioni necessarie per aiutare a scoprire la verità delle cose non lasciandosi fuorviare da strade che, alla fine, non conducono da nessuna parte. Questo “compito” del Papa di confermare i fratelli aiutandoli a trovare il bandolo di una matassa troppe volte ingarbugliata, non è certo facilitato dai polveroni suscitati intorno al Vaticano in questi giorni: è per questo che si è rivelato ancor più necessario stringersi intorno a lui durante la sua visita per sostenerlo, confortarlo con la presenza e soprattutto con la preghiera.
L’incontro con Benedetto XVI non è stato l’incontro con “una canna sbattuta dal vento” (come dice il Vangelo), cioè con uno che si piega, che corre dietro ad ogni moda del momento. E’ stato l’incontro con un profeta del nostro tempo, uno che indica direzioni precise da prendere, che ha cose ben precise da dire: colui che, a nome e per incarico di Cristo, addita agli uomini e alle donne di oggi la difficile ma decisiva via della verità.
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