Capita di non piacere a qualcuno. Di stargli addirittura sulle scatole.
A me – parrebbe, stando a quanto hanno nel tempo voluto sapessi e desiderano tuttora conosca solerti e gentili informatori di cui potrei fare a meno – spesso.
Poche le occasioni nelle quali, in effetti scoperta e verificata l’antipatia di Tizio piuttosto che di Caio, interrogandomi se del caso, comprenda il perché.
Quanto, invece, all’origine di quella idiosincrasia che, ogniqualvolta ci vedessimo, manifestava senza infingimenti Federico Roncoroni non ho mai nutrito dubbi.
Giovane e brillante insegnante (mio coetaneo, chissà come, lo vedevo molto più giovane) a Como, fu scelto – mai sapute le modalità – da Piero Chiara come indagatore alla ricerca di particolarità biografiche e in qualche caso, per quanto letterarie, poco conosciute, che gli sarebbero servite per articolare, come benissimo il luinese usando le capacità di narratore sapeva, le vite di personaggi ai quali a quei tempi letterariamente si dedicava.
Capacissimo, Roncoroni fu certamente il nerbo sul quale Chiara poté contare almeno per i suoi notevoli ‘Casanova’ e ‘D’Annunzio’.
(Che in gamba il professore fosse è ampiamente documentato dal fatto che, prossimo alla morte, lo scrittore lo scelse quale curatore testamentario per quanto riguardava l’opera letteraria non pubblicata che, sterminata, lasciava).
Il Nostro, pertanto e quindi, arrivava con una qualche frequenza nello studio di Piero (nonché sede del Partito Liberale Varesino) in via Bernascone 1, seco recando preziosi contributi.
Occorreva il più delle volte però che fosse costretto dalle circostanze ad aspettare a lungo di essere preso in considerazione, nel frattempo dovendo assistere ad uno spettacolo nutrito di insulti e accuse di colpi di fortuna (diciamo così, edulcorando) vari che, uomo dabbene e moderato qual era, non poteva accettare.
Per via, ovviamente, delle partite a scopa d’assi colà quasi sempre in corso tra Chiara e il sottoscritto, che, vere maratone, non potevano – per carità e non sia mai! – assolutamente essere interrotte e trovavano il termine solo col totale prosciugamento delle tasche di uno dei due.
Circostanze che ad altro non lo potevano portare che alla predetta idiosincrasia essendo io la sola ragione del suo essere relegato, da ogni punto di vista, lungamente, in un angolo.
Erano i Settanta e per quanto i decenni ebbero a trascorrere, da lì, da quel suo confino e da quel mio non cercato prevaricare, per fortuna incontrandoci assai raramente, non uscimmo mai.
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