Dopo la fine delle ideologie, i partiti sono alla ricerca della loro identità. C’è un’ossessione identitaria che dilaga nel mondo, mentre la democrazia si indebolisce ovunque. L’ossessione identitaria rialza le bandiere del nazionalismo, allontana i cittadini dalla politica, mentre un’oligarchia concentra sempre più ricchezza nelle proprie mani e la libertà viene sganciata dalla responsabilità.
In Italia, in modo particolare, la destra ha indetto un convegno di studio per studiare una campagna per ridare all’Italia la sua vera identità che, oggi, accusa la destra, è egemonia della sinistra. Non basta più il “Dio, Patria, Famiglia”, occorre aggiungere “salvaguardare il vino italiano, cancellare gli anglicismi”. Come se la storia, la cultura, la lingua, la religione di un Paese, che affondano le loro radici nei secoli, si potessero cancellare in un batter d’occhio con un convegno o si potesse imporre un sistema culturale uniforme per decreto-legge!
Mi sono accorto che la destra preferisce adoperare la parola “nazione” al posto di “Patria”, trasformare i nomi dei ministeri in manifesti politici (utilizzando perfino l’orripilante made in Italy!), definire l’obesità una devianza, combattere le migrazioni in nome dell’ordine pubblico, proclamare che la destra non è fascista, senza però citare la Resistenza, asserire che è il popolo titolare della sovranità, dimenticando di aggiungere “nelle forme e nei limiti” previsti dalla Costituzione, il che rende l’Italia una vera Repubblica democratica parlamentare.
La destra è, dunque, alla ricerca di un’identità da imporre all’Italia. Spariti i tradizionali partiti, è nata una prassi senza cultura politica che porta a scelte partitiche talvolta in contraddizione tra di loro perché non illuminate da una comune visione e ora alla ricerca di una identità che componga le varie prassi.
La destra è conservatrice, tradizionalista: rigorista nel mantenere l’ordine, nell’etica della famiglia tradizionale (anche se molti dirigenti non hanno proprio a riguardo le carte in regola!), è favorevole al trionfo incontrastato della democrazia di mercato a matrice americana, alle dittature nazionalistiche della storia, all’uso della fede come mezzo per mantenere il potere, all’avvento di un mondo nuovo all’insegna dei diritti privati; guarda alla tradizione come fonte di valori perenni, è localista, non s’impegna per rimuovere le diseguaglianze perché la società ha un ordine gerarchico che va dai più poveri alla base e i ricchi al vertice…
La sinistra – all’opposto – è innovatrice, progressista. Lassista perché libertaria, vuole pianificare i programmi economici, è rivoluzionaria, universalistica, distingue tra ciò che appartiene a Cesare da ciò che appartiene a Dio, si adopera perché vengano rispettati i diritti sociali, guarda all’emancipazione dei più deboli, richiede la ridistribuzione della ricchezza.
La mia descrizione non è né esaustiva né esclusiva. È certo, comunque, che la destra è aggressiva e irascibile, vive sempre in “stato di guerra” contro qualcuno, rifiuta il dialogo e ha una concezione dell’intero popolo come un’unità omogenea e compatta, senza differenze al proprio interno. Solo chi rispetta il nucleo dei valori “puri” proclamati da essa e li rispetta sta veramente dalla parte del popolo, solo la parte dei suoi elettori forma il popolo, gli altri sono moralmente corrotti e spariscono. È questo il vero populismo.
Ciò che noto in tutti e due gli schieramenti è la mancanza di pensiero, sostituito da una massiccia dose di comunicazione di fatti che non sono la sintesi di una molteplicità di proposte, intuizioni, ma di storie personali e di ambizioni diverse. Dove non ci sono idee, non c’è politica, ma solo ricerca di consenso. Sta in questo il male della politica italiana: coloro che vendono progetti (penso a quello dello stretto di Messina!) sono partigiani di chiacchiere, di pulsioni interiori, di disegni che fino a pochi anni fa condannavano, di ipocrisie che imbrigliano il loro possente ego.
E non si arrivi, per favore, a formarsi un’identità affermando che il pensiero di Dante è di destra e che Gramsci è il fondatore della destra sociale!
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