Giorgia Meloni nel rapporto con l’Unione Europea ha finora spesso tenuto la strada tracciata da Draghi e prima di lui dal Conte Due giallo-rosso.
Ha fatto bene visto che, come ha scritto in un editoriale del Corriere Antonio Polito, “La destra ha ricevuto il testimone di un Paese che ha registrato una crescita spettacolare per due anni di fila accrescendo l’occupazione”.
Ora le insidie e i punti interrogativi per il nostro governo sono tanti, fra cui: 1) Proseguirà, questo governo, sulla positiva intesa europea? 2) I continui rigurgiti identitari di una destra che era in gran parte d’opposizione non inficeranno la governabilità che deve badare al futuro e non alla retorica senza freni del passato?
La più grossa preoccupazione riguarda ancora e sempre il confronto con l’Europa. Un esempio? La tentazione di una parte importante del governo (la Lega) di rinunciare subito, per incapacità, per dissenso sui contenuti, o per oggettive difficoltà della macchina amministrativa, a spendere tutte le risorse del PNRR è insensata e pericolosa.
A questo proposito anche le opposizioni dovrebbero mostrare la volontà di interagire costruttivamente al fine di evitare una figuraccia che costerebbe cara all’Italia. Pier Ferdinando Casini lo ha chiamato “Armistizio fra destra e sinistra per salvare i miliardi Ue che l’Italia non ha mai avuto in tale misura dai tempi del Piano Marshal”. Chiamiamolo come vogliamo ma la cooperazione fra Stato, Regioni e Città, da chiunque guidate, è un obbligo politico e perfino morale.
Poi c’è un altro importantissimo piano di riflessioni relativo all’Europa che appartiene alle diverse e legittime concezioni politiche. Secondo la visione più europeista, che è anche la mia, non si tratta solo di utilizzare in pieno le possibilità espansive che l’Europa attualmente offre sul piano economico, ma di contribuire a fare l’Unione più forte e unita, più federale e meno avviluppata nelle logiche nazionali dei singoli Stati.
Il vizio di addossare tutte le colpe di ciò che non va all’Ue dovrebbe essere decisamente accantonato. Il nostro destino è l’Europa, da soli non conteremmo nulla. L’Europa che serve è però protagonista sulla scena mondiale, è un interlocutore di Russia, America e Cina per la guerra in Ucraina, per le politiche di Sicurezza, per le grandi sfide tecnologiche che ci attendono. Sì all’ombrello atlantico, dunque, ma con un’Europa protagonista nella Nato e non semplice comprimario.
È soltanto rafforzando i vincoli europei che possiamo ottenere, ad esempio, che l’Europa si impegni finalmente molto di più sull’enorme problema dell’immigrazione irregolare impossibile da risolvere con i “catenacci” di Salvini, o con i blocchi navali della Meloni della campagna elettorale o con altre trovate propagandistiche.
Ecco un campo d’azione europeo fondamentale per gli interessi italiani – ed europei.
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