Non sembra iperfantasia immaginare il consolidarsi d’un neo partito conservatore. Che passa per due strette: il felpato accostamento europeo della Lega al Ppe, la simbiosi in Italia tra melonisti e berlusconiani. Sherpa fidati sono al lavoro per soddisfare le aspettative dei leader. La Meloni è in fase d’evoluzione machiavellica, allenta nell’ombra i legami coi sovranisti d’oltreconfine, tiene a un’intesa omogenea con Forza Italia. L’idea non è d’inglobare gli azzurri, o una parte rilevante di loro. L’idea è di tirarli sulla sua sponda, ciascuno mantenendo la propria autonomia e mischiando il mischiabile. Così da creare un unicum non per emarginare la Lega, ma per convincerla a partecipare della medesima, scaltra operazione.
Un tempo Berlusconi e Salvini volevano far blocco anti-Meloni. Oggi la Meloni vuol far blocco assieme ai partner allo scopo di battere la sinistra. Una furbizia disincantata che mira a trasformare in Italia la destra-destra in destra-centro e in Europa a persuadere il Partito Popolare a mollare l’alleanza coi socialisti attivando quella coi conservatori, di cui la leader di Palazzo Chigi è il presidente. Berlusconi (e il suo entourage, a iniziare dalla figlia Marina, dall’amico di sempre Confalonieri e dallo storico consigliere politico Gianni Letta) pare convinto dell’adesione al progetto, Salvini nicchia. Però vicino a lui c’è chi lo invita a incassare la proposta, perché una seconda occasione potrebbe non venire più.
Il primo dei suggeritori a imbarcarsi in quest’impresa (tanto più invitante dopo il litigio Renzi-Calenda e la dissoluzione del Terzo Polo) è Giorgetti. Naturalmente dietro le quinte, in silenzio, a fari spenti. Eppure con garbo solerte, tramite ripetuti “non detti”, usando il tocco diplomatico da chiunque riconosciutogli. Giorgetti vede un futuro della Lega al sicuro solo se disegnato in un orizzonte più largo, quello nella testa della Meloni. Dunque prosegue a convincere Salvini. Il tempo non manca, visto che il patto, se patto sarà, diventerà operativo in occasione delle elezioni europee, primavera 2024. Tuttavia bisogna tessere in anticipo, cucire con pazienza, ricamare in leggerezza. Com’era nell’abilità dei democristiani d’antan, dei quali Giorgetti nega la filiazione, e che peraltro i fatti della sua personale avventura partitica indicano come tale. Salvini farebbe bene a dargli retta, prima che sia troppo tardi per capire d’essere incorso in un torto. A sé stesso.
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