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Attualità

ICONOCLASTI

GIOIA GENTILE - 07/04/2023

cancelE no! Anche Agatha Christie no! La mia compagna di tante vacanze, con i suoi omicidi eleganti, tra fruscii di sete, Orient Express e spiagge esotiche: non possono cambiarmi anche i suoi scritti. Ma che cosa sta succedendo nel mondo della cultura? Possibile che, in nome del politicamente corretto, si perda il senso storico – e anche quello del ridicolo?

Dopo la “correzione” delle opere di Roald Dahl e di Jan Fleming, adesso è toccato ad Agatha Christie: Harper Collins, l’editore dei suoi libri, ha incaricato una commissione di “lettori sensibili” – aggettivo quanto mai inappropriato – di rivedere e cambiare termini e descrizioni che potrebbero essere offensivi. Qualche esempio? Oltre, ovviamente, a “zingaro” e alla “n-word” (“negro” non si può dire neppure per impedirne l’uso), sono da eliminare parole come “nero” – persino nella locuzione “di marmo nero”-, “ebreo”, “nativi” (da sostituirsi con “locali”), “orientale”. E “occidentale”?- verrebbe da chiedersi.

La chiamano cancel culture, come se l’inglese potesse eliminare l’ossimoro: il concetto di cancellazione è incompatibile con quello di cultura. Cultura significa comprendere, approfondire, aprire orizzonti, criticare collocando ogni creazione della mente umana nel suo panorama storico. Che senso ha eliminare da uno scritto del passato parole che sono considerate offensive o inopportune nel presente?

Questo furore iconoclasta sembra diffondersi come un contagio al tempo stesso ridicolo e pericoloso: le statue di Colombo e di Winston Churchill abbattute, il David di Michelangelo considerato pornografico, tutta una serie di parole, come quelle sopra citate e come “piccolo”, “brutto”, “grasso”, “nano” (si potrà dire di “bassa” statura?) espunta dal vocabolario. La prossima tappa sarà la revisione di Shakespeare?

Per il momento pare che sia una moda più diffusa negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ma temo che non si fermerà lì, visto l’entusiasmo con cui in Italia si sta cercando di sostituire i plurali maschili inclusivi con asterischi e schwa, per non offendere le diversità di genere.

Tutti linguisti, dunque, in Italia e all’estero. Ma in Italia, un po’ di più: il deputato Rampelli è arrivato addirittura a stilare una proposta di legge che prevede multe da 5.000 a 100.000 euro per gli enti pubblici e privati che utilizzino termini stranieri nei rapporti con i cittadini. Sarebbe interessante ci dicesse anche come tradurre “computer”, “mouse” o “file” e quanto dovrebbe pagare il Dizionario Treccani, che include 9000 anglicismi. È vero che il ricorso alle lingue straniere, quando sarebbe possibile esprimere gli stessi concetti in Italiano, sta diventando eccessivo e fastidioso – oltre che inutile – ma quel che sconcerta è il tentativo di sanzionarlo.

A prima vista potrebbe sembrare che questa trovata sia l’esatto opposto di quella di Harper Collins, perché vuole escludere tutto ciò che non è italiano mentre l’altra tende ad usare espressioni il più possibile inclusive, ma in realtà rispondono tutt’e due alla stessa logica: imporre una lingua d’autorità.

Fortunatamente le lingue si evolvono secondo leggi e tempi propri, che non sono quelli dei politici e degli editori.

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