Loretta Goggi è stata una vera stella della televisione italiana: bella e brava, capace di condurre e di cantare, di ballare e di imitare. Ha iniziato con il primo ruolo importante ai tempi de “La Freccia Nera”, il celebre sceneggiato del 1968 (dopo aver debuttato bambina tra radio e tv), ha fatto in tempo di co-condurre i grandi show degli anni ’70 e ’80, da Canzonissima a Fantastico, ha fatto i soldi quando ancora Berlusconi staccava assegni milionari pur di strappare le stelle alla Rai e convincerle ad andare a lavorare negli sgabuzzini milanesi nei quali nasceva la tv commerciale. Lei è stata la prima a sbarcare alla corte del Cavaliere, anno di grazia 1981, per condurre “Hello Goggi”, il primo show di Canale5 e poi il primo di Rete4, “Gran Varietà” (1983). È stata la prima conduttrice donna di un quiz, genere televisivo squisitamente maschile, con “Loretta Goggi in quiz” e oggi ha ritrovato popolarità grazie al ruolo di giurata nello show a lunga percorrenza “Tale&Quale” condotto da una dozzina d’anni a questa parte da Carlo Conti ed è infine approdata all’”one woman show” – legittimo tributo alla sua lunga carriera – andato in onda su RaiUno negli scorsi venerdì: il titolo era programmatico, quasi meteorologico: “Benedetta Primavera”.
Eppure… eppure la Goggi è un caso interessante di chi ha sempre avuto trenta ma non è mai riuscita a fare trentuno.
Ha venduto dieci milioni di dischi, con sigle e canzoni facili e orecchiabili che lei sapeva cantare con voce giusta; non raffinata come una Streisand, non nazional-popolare come la Carrà, non icastica come la Cuccarini, non brava come Mina. Un successo che è culminato a Sanremo 1981, nel quale si trovò a concorrere nel pieno della popolarità, nel pieno della maturità artistica, nel pieno della bellezza, con una canzone giusta. Ma arrivò seconda, niente albo d’oro, niente statuetta.
Sempre a Sanremo, cinque anni più tardi, riuscì a sfondare il soffitto di cristallo delle donne alla conduzione solitaria di una trasmissione importante, guidando il Festival con giusto piglio, salvo poi farsi bruciare l’annuncio più importante – quello del vincitore, per la cronaca Ramazzotti – da quel vecchio marpione di un Renzo Arbore che le rubò il tempo e l’appuntamento con la storia.
La sua carriera è riuscita a durare così tanto da stabilire un insospettabile, impronosticabile sodalizio artistico col mitologico Mike Bongiorno, tra ’98 e 2002, con alcune edizioni condotte insieme di “Viva Napoli!”, ma la rispolverata di visibilità fu interrotta bruscamente quando abbandonò in diretta e in lacrime la serata finale di Miss Italia 2007 perché l’anziano presentatore l’aveva trattata in scena con poco riguardo. E così, a un passo dalla beatificazione televisiva, ripiombò per alcuni anni nel purgatorio.
Dal 2011 – come si diceva – Loretta è la regina della giuria di Carlo Conti e sentenzia sulle capacità dei vip che giocano a fare gli imitatori canterini; grazie al traino di questo programma, ha convinto la Rai infine a dedicarle una serie di tre puntate dedicate alla sua lunga carriera.
Scenografia minimal anni ’70 dorata, due cavalier serventi di livello come Luca&Paolo, tanti ospiti di servizio che giocano a duettare coi cantanti d’un tempo grazie al chroma-key (una tecnica di ripresa televisiva veramente anni ’70), tanti monologhi che nascono e terminano al grido di “Mi ricordo, sì io mi ricordo” e… un sapore agro di occasione persa. Loretta ha messo in piedi non uno spettacolo irrinunciabile, come potrebbe essere (per il suo vasto pubblico) una puntata qualsiasi di un qualsiasi programma della De Filippi, ma neanche uno spettacolo da evitare, come potrebbe essere “Il cantante Mascherato” su cui da anni si è incaponita Milly Carlucci, a dispetto degli ascolti a dir poco zoppicanti.
Insomma, Loretta si conferma quella di sempre: una diva malinconica, più che un ‘vorrei ma non posso’, lei è un ‘potrei, ma non voglio’. Sempre un mezzo passo indietro davanti al trionfo definitivo, sempre tre spanne sopra a tutte le altre. Peccato.
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