Passati i timori per la salute di Papa Francesco e vista all’opera la squadra vaticana che lo ha sostenuto durante gli impegnativi riti della Settimana Santa (dal Prefetto per la Congregazione dei Santi, cardinal Re, al vice decano del collegio cardinalizio, cardinal Sandri), oggi festeggiamo la Pasqua ascoltando le parole che Bergoglio pronuncerà dalla loggia centrale di San Pietro.
La Basilica si riconferma come luogo di culto centrale della cristianità.
Ma nella lunga e tormentata storia di Roma non è sempre stato così. Per molti secoli l’asse tra San Giovanni e Santa Croce in Gerusalemme ha infatti costituito il centro della liturgia della Settimana Santa. Dai documenti sappiamo che dal sesto secolo in poi il Papa celebrava la Messa del Giovedì Santo nella cattedrale in Laterano. La liturgia del Venerdì Santo si svolgeva invece nella Basilica di Santa Croce. La chiesa fondata da Costantino nel 300 d.C. conserva un chiodo ed alcuni frammenti della Croce del Cristo portati dalla mamma dell’imperatore, Sant’ Elena, da Gerusalemme a Roma come racconta Evelyn Waugh nel suo bel romanzo storico “Elena”.
Nel 1492 poi, murato nell’arco trionfale, venne scoperto il “Titulus Crucis”, per la tradizione l’iscrizione dove Pilato fece scrivere “Gesù di Nazaret, Re dei Giudei” in ebraico, greco e latino. Reperti visibili a tutt’oggi.
Sin dai primi secoli della Chiesa a Roma la devozione per queste reliquie è sempre stata assidua. Lo stesso Pontefice veniva in processione scalzo da San Giovanni per adorarle il Venerdì Santo.
Anche la veglia e le messe pasquali erano celebrate nella Cattedrale e culminavano nel battesimo la notte di Pasqua nel battistero ottagonale accanto alla basilica. Ma al ritorno da Avignone i Papi decisero di spostare in San Pietro tutto il cuore della liturgia. Nel 1585 Sisto V tentò di restaurare l’antica “liturgia stazionale” celebrata in Laterano. Fece costruire perciò una grande loggia davanti al transetto nord della Basilica verso la piazza ed il resto di Roma, da dove avrebbe impartito la solenne benedizione della Pasqua, ma la loggia rimase inutilizzata.
Pio XII nel 1955 mise un po’ di ordine nelle celebrazioni, soprattutto in quelle del Triduo pasquale. Riportò la celebrazione del Giovedì santo alla sera (nella liturgia tridentina la Messa veniva invece celebrata al mattino) e reintrodusse l’adorazione della Croce il pomeriggio del Venerdì Santo, che nella pietà popolare era stata sostituita dalla tradizione della Via Crucis. Anche la veglia pasquale tornò nella notte tra Sabato Santo e la domenica di Pasqua mentre prima era celebrata di giorno con il fuoco pasquale acceso sotto un caldo sole primaverile.
Il precetto pasquale dell’eucarestia a Roma era molto rispettato. Nella Basilica di San Bartolomeo, sull’Isola Tiberina, ogni 27 di agosto veniva esposto un elenco di coloro che non si erano visti in Chiesa; erano desunti dagli “Stati delle anime”, i rapporti che ciascun parroco fino al 1870 compilava in occasione delle benedizioni delle case.
Secondo alcuni documenti i nomi erano incisi su una colonna mai più trovata mentre chi era in regola con confessione e comunione riceveva un biglietto che certificava come gli adempimenti pasquali fossero stati regolarmente osservati. Per i trasgressori i problemi non mancavano. Scriveva Gioacchino Belli nel 1834: “Nun prenno Pasqua/ ebbè? Scummunicato/ ho ppiù ffed’io, che un Giuda che la prenne/perché un bijetto se crompra e sse venne/ed er chirico ne sa più del curato”.
Ancora una volta sacro e profano si mescolano nella città eterna.
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