È poco dopo il volgere del sesto mese del 2004 che Dino Risi ha cominciato a morire.
Insieme, lui ed io, all’epoca, avevamo avuto più o meno gravi problemi di cuore in relazione ai quali, via telefono, reciprocamente ci informavamo.
Io (e faccio gli scongiuri), pare mi sia ripreso.
Dino – se ne lamentò grandemente – si vide vietare allora una delle cose che maggiormente amava: il Sole.
Non so quale mai cardiologo pensò bene (?) di proibirgli l’esposizione alla luce e quindi all’astro cui dobbiamo la vita.
Di lì in poi, deperendo man mano, Dino, da sempre abbronzatissimo, si appalesò ogni giorno più bianco, quasi fosse una diversa persona.
Rarefacendosi i nostri incontri per via della sua salute che gli impediva qualche viaggio a Milano o a Como (laddove vive tuttora e centoseienne sua zia Carla Porta Musa) ed essendo io restio a recarmi a Roma, finii per tornare a scrivergli, come anni prima, lettere alle quali rispondeva se e quando voleva.
Non mi meravigliai, conseguentemente, più di tanto allorquando, appunto attraverso una missiva, avendogli chiesto di partecipare con un suo ricordo al libro che verso la fine del trascorso anno andavo compilando (‘I film della nostra vita’, in uscita il prossimo ottobre), non mi rispose.
Lo ‘beccai’ così via telefono e quelle frasi (alle quali segue una annotazione da me allora vergata) che qui sotto riporto nella mia versione sono, a parte due parole scambiate verso Pasqua, l’ultimo lampo di sua memoria che mi percorre.
“Avevo sei anni e vivevo a Milano, dove sono nato” – mi dice Dino al telefono nel giorno del suo novantunesimo genetliaco dopo avermi ringraziato per gli auguri e aver sottolineato che l’età raggiunta gli consente di rispondere, come sta facendo, a voce e non per iscritto alla mia richiesta sul ‘film della sua vita’.
Mio amico, il figlio del console generale di Grecia.
Forte della tessera del padre che consentiva l’ingresso gratuito in tutti i cinema, mi invita al ‘Silenzioso’, una sala all’epoca collocata in via Santa Redegonda, in pieno centro.
La pellicola in programma è ‘L’eroina della strada ferrata’.
La storia mi terrorizza, ma la pur forte paura passa subito in secondo piano.
La protagonista, una giovane attrice americana bionda, è bellissima.
Mi innamoro pazzamente, per la prima volta in vita mia mi innamoro!”
(Ho fatto una breve ricerca e ho scoperto che la diva del muto in questione si chiamava Corinne Griffith.
Non so se farlo sapere a Dino.
In fondo, il nome può interessare solo ai pignoli come me!)
In morte di Dino Risi, 7 giugno 2008
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