Le dieci sonate per violino e pianoforte costituiscono un caposaldo nella letteratura beethoveniana, così ripartite: triade op.12; op.23; op.24; op.30 (tre sonate), op.47; op.96. Lungo questo percorso il violino va acquistando in sicurezza e autonomia col perfezionamento della dialettica discorsiva.
L’op.47, composta nei primi mesi del 1803, ma i primi appunti si annidano nel taccuino dell’autore di qualche anno prima, in realtà fu elaborata non per Kreutzer, bensì per un altro virtuoso, il violinista inglese mulatto G.P. Bridgetower, che risiedeva a Vienna presso il principe Lichnowsky.
La prima esecuzione, con l’accompagnamento dello stesso Beethoven, ebbe luogo la sera del 24 maggio 1803 presso l’Augarten di Vienna con un caloroso riscontro di pubblico. A causa della scadenza ravvicinata Beethoven ripescò un movimento scartato in precedenza: il Presto poi destinato all’op.30 n.1. La pubblicazione della sonata si ebbe nel 1805. Con Bridgetower nel frattempo il rapporto si incrinò per una questione di donne. La sonata fu dedicata allora al virtuoso francese Rudolph Kreutzer, che però non la eseguì mai in pubblico, considerandola troppo ardua e dichiarando di non esserne all’altezza. La sonata richiede infatti un dispiego di particolare valentia tecnica (impetuoso Presto iniziale, pirotecnico finale, variazioni centrali tutt’altro che riposanti).
L’opera rivela un carattere molto concertante, sfacciatamente concertistico già dalle prime quattro battute (accordi del violino solo). È un arco di trionfo per cui si accede all’Introduzione, pagina breve, ma che intimorisce solennemente, col ritorno poi al Presto iniziale. Il brano si presenta complesso di struttura e di bruciante espressività, per cui Carli Ballola parla di sbilanciamento dell’insieme. Onnipresente è il violino, che non conosce tregua, con inquietante e demoniaca passione. Il secondo tema assume una melodia dal carattere corale. Con la terza idea riprende la tensione. Si chiude con una stretta di fuoco l’estenuante lotta corpo a corpo. La tenerezza dell’Andante richiama il lirismo della Patetica sotto forma di variazioni. La prima, la seconda e la quarta arricchiscono il tema con la filigrana di ardue ornamentazioni virtuosistiche. Il finale si ricollega al tratto impetuoso che connota la sonata. Focoso e inebriante, sottolineano i critici. Ritmo da moto perpetuo.
Sonata davvero monumentale. Giovanni Carli Ballola: «Dialettica concertante fitta, esasperata e tesa fino allo spasimo. Il primo tempo per Szigeti è quasi da sinfonia».
Bridgetower nasce a Biala (Polonia) nel 1799; naturalizzato inglese debutta a Londra come violinista a dieci anni. È nominato adolescente virtuoso da camera del Principe del Galles. Si afferma a Parigi nei concerts spirituels. Fa registrare ovunque clamorosi successi. Stringe con Beethoven un’intensa amicizia. Muore nella periferia di Londra nel 1860. Questa a penna per la sonata la dedica di Beethoven: Sonata mulattica composta per il mulatto Bridsdauer (sic) gran pazzo.
Rudolph Kreutzer nasce a Versailles nel 1766, anch’egli enfant prodige. Si perfeziona sotto la guida di Viotti. Seguono leggendari giri di concerti. Compositore prolifico (per teatro, musiche da ballo, per orchestra), in età avanzata diventa docente al Conservatorio e violino di spalla all’orchestra dell’Opéra. In pensione a Ginevra, muore nel 1831. Beethoven nota in lui modestia e naturalezza. Tolstoi scrivendo “La Sonata a Kreutzer” (1889-1890) parla di valenza ossessiva e violenta della pagina. Nel racconto c’è la tragica passione tra Liza e Truchascevski, simbolo della pericolosa suggestione della musica. Commento: si tratta di una esecuzione assolutamente da proibire.
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