Evviva il 17 marzo! Festa dell’Unità d’Italia, dell’Inno e della Bandiera.
Son trascorsi dieci anni dalla promulgazione della Legge n.222 del 23/11/2012. Ne sono occorsi ben centocinquantuno, dal 1861, per istituire la Festa dell’Unità d’Italia, dell’inno e della bandiera.
Dopo lungo studio dei soliti geni per la scelta della data, meglio non si poteva fissare: un bel 17, numero propiziatorio assai per la cabala, che, in un ciclo settennale, cade una volta di venerdì ed un’altra di martedì; il 17, numero perfetto per un Paese disastrato come il nostro. Del resto la festa della Repubblica italiana, il 2 giugno, l’han fatta cadere il giorno della morte di Garibaldi, che però non era monarchico e combatté la sua ultima battaglia a Digione a difesa della novella Repubblica francese, unico generale a strappare una bandiera ai prussiani facendo “incazzare” i francesi ben prima di Bartali. Cosa non fa il genio italico.
L’Italia come si è formata? Come si è unita, sulle ali del Romanticismo e dell’idea di Stato Nazione? Non occorre sposare le tesi del movimento neoborbonico che cresce al Sud. Un breve ripasso diventa obbligato, visto che il Risorgimento non si studia a scuola. Si parla di tre guerre di Indipendenza che infatti sono almeno quattro: 1848; 1859; 1866; 1915/1918. Garibaldi nel 1860 conquistò mezza Italia e un Regno vasto, quello dei Borboni di Napoli ma la sua impresa, quella dei Mille, non viene considerata “Guerra di Indipendenza italiana “essendo infatti un semplice rapina e diciamo perché. Garibaldi fu lasciato libero dal Re e da Cavour per armare ed imbarcare un migliaio di uomini, volontari, patrioti, ed una sola donna (Rose Montmasson, moglie di Crispi, savoiarda). Non fu dichiarata nessuna guerra, neanche chiamata ” operazione speciale”. Il Governo di uno Stato sovrano, savoiardo, avrebbe sostenuto l’invasione di un altro Stato sovrano da parte di truppe di volontari, per poter poi annettersi territori, tutto il regno delle Due Sicilie, da Trapani a Napoli, dove però nessuno sapeva parlare italiano, ed il 78% della popolazione era analfabeta. Dovevano essere liberati, uniti ai fratelli d’Italia. In Parlamento, il 17 marzo del 1861,solo cinque (5) deputati votarono contro l’annessione del Regno delle Due Sicilie e tra questi Giuseppe Ferrari, eletto per cinque legislature nelle nostre terre.
Nel 1848, la prima guerra, il sovrano, re Carlo Alberto, re di uno Stato sovrano, il regno di Sardegna con capitale Torino, invade il territorio di un altro Stato sovrano, l’Impero austriaco, ma perde. Nel 1859, seconda guerra, i Savoia, con l’ausilio degli USA del tempo, l’esercito dell’Imperatore Napoleone III, invadono il territorio di uno Stato sovrano, quello austriaco, e dopo una carneficina di oltre 40.000 morti in un sol giorno a Solferino e san Martino, vincono, e i Savoia annettono la Lombardia.
Le terza guerra di Indipendenza è catastrofica: nel 1866 gli italiani, alleati coi prussiani contro uno Stato sovrano, l’impero austro-ungarico, perdono ovunque, da Custoza a Lissa, ma la guerra viene vinta dai soli prussiani ed i Savoia annettono anche il Veneto, dove ancora oggi si parla il veneto. Nel 1860 Garibaldi, senza poter dichiarare guerra, da pirata, aveva regalato tutto il regno di Napoli a Vittorio Emanuele II, tornando a casa da Gaeta con due stoccafissi, una scatola di sigari e due sacchi di sementi. Un pazzo, un povero pazzo, un pirata morto povero. Nella guerra del 1915/1918 si compie l’Unità d’Italia. Ribaltando le alleanze, l’ Italia dichiara guerra ed invade uno Stato sovrano, l’Impero Austro ungarico, impero bilingue ovunque,infatti la lingua italiana non solo non era proibita ma a Trento esisteva un’Università in lingua italiana.
I Savoia annettono Trento e Trieste, liberando terre dove si parlava la lingua italiana in prevalenza, perlomeno fino alla riforma scolastica e l’introduzione della Scuola media unificata. Avevano visto giusto i vari Confalonieri e Giuseppe Ferrari, federalisti. Sarebbero state evitate tante rapine, occupazioni, invasioni ed annessioni, creando uno Stato federale con pari dignità, con rispetto delle differenze tutte, evidenti,degli Stati italiani preunitari.
Il professor Alessandro Barbero, docente di Storia a Torino e all’Università del Piemonte orientale, si faceva mesi fa una domanda: come mai noi italiani festeggiamo il 4 novembre 1918 e diamo dell’animale a Putin che invade il Donbass dove è vietato ai russi di parlare la loro lingua e non vengono minimamente applicati gli accordi di Minsk, copiati in parte dagli accordi italo austriaci per il Sud Tirolo? Alla fin fine, l’imperatore Francesco Giuseppe, che ci insegnarono a denigrare e odiare, era ben migliore dei ducetti bambocci, criminali e guerrafondai di oggi, da qualsivoglia curva nord piuttosto che sud noi si faccia il tifo? Gli italiani hanno fatto l’Unità del Paese con guerre di rapina, ultima la presa di Roma e Porta Pia. La Storia va immaginata anche dalla parte dei vinti. Poi, dopo il 1870, andrà tutto bene, come sappiamo.
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