Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

L'intervista

DOTTOR UOMO

FELICE MAGNANI - 17/03/2023

Il dottor Carmelo Cotronea nella sala operativa del Pronto Soccorso di Cittiglio

Il dottor Carmelo Cotronea nella sala operativa del Pronto Soccorso di Cittiglio

Il dottor Carmelo Cotronea – laureatosi a Messina, specialista in Chirurgia Generale, responsabile del Pronto Soccorso di Cittiglio dopo le esperienze nell’emergenza e nella chirurgia al Circolo di Varese – è un medico che crede in quello che fa, che non ama guardare le lancette dell’orologio, dotato di quell’umana predisposizione che è parte integrante del suo dna. La sua presenza come responsabile di Pronto Soccorso è rassicurante, empatica, capace di definire un assetto organizzativo sempre più adeguato e capace di trasferire il suo garbo e la sua pacatezza in tutti coloro che lo circondano nel lavoro quotidiano.

Mentre una parte di mondo guarda lontano, cercando nuove fortune, c’è chi continua a credere che sia proprio nei momenti difficili che un Paese debba saper mostrare la sua faccia migliore. Dentro la complessità del sistema sanitario c’è chi continua a pensare che la transizione e l’innovazione siano elementi fondamentali di una rinascita che abbia come protagonisti tutti coloro che credono nella forza trainante della cultura medica italiana. Il dottor Cotronea è un medico a cui piace vivere nel mondo reale, quello che si lega quotidianamente alla vita dei suoi pazienti, ai loro problemi, perché è consapevole che chi soffre sente il bisogno di avere vicino qualcuno di cui fidarsi: è un professionista che riconosce il valore comunicativo dell’educazione civica e della scuola in generale, come pratica fonte di conoscenza. Un medico che crede nel valore educativo della moderna tecnologia, soprattutto quando rende più chiara e più facile la conoscenza del mondo che ci ruota attorno. A Cittiglio il bravissimo chirurgo reggino si sente a casa, avverte il tepore di un piccolo mondo antico, dove la parola assume ancora un valore decisivo nel campo della conoscenza reciproca. Ne approfittiamo per qualche domanda.

Dottore Cotronea, diciamo che lavorare in urgenza/emergenza lega moltissimo, crea un vero e proprio spirito di corpo, ti rendi conto di quanto sia importante unire le competenze, le abilità, condividere le emozioni.

Sono situazioni emozionalmente molto forti, dai e ricevi, entri in una dimensione professionale dove i rapporti interpersonali diventano decisivi, senti fortemente la presenza di chi condivide con te, sul campo, la lotta per la vita. È una esperienza che diventa fondamentale per tutto il prosieguo del tuo iter professionale. Ti rendi conto che ciò che ti cambia non è più tanto lo studio, ma il rapporto diretto sul campo con le persone, si tratta di una medicina che si umanizza, che mette sul terreno di gioco lo stretto rapporto che esiste tra medico e paziente, tra professionisti e ammalati che si affidano alla bravura medica per sopravvivere. Un conto è studiare freddamente le patologie, un conto è affrontarle direttamente sul campo, nella vita di tutti i giorni. Ci si incontra e ci si scontra con la diversità dell’essere umano, con il suo carattere, la sua capacità di reazione, la sua tolleranza, la sua capacità di entrare in sintonia con la persona che lo sta curando per tornare a star bene. Si tratta di momenti decisivi, dove in spazi di tempo ristrettissimi, devi giocare il tutto e per tutto, devi mettere a punto una strategia di contrasto che sia forte, rapida e condivisa.

La vita è fatta molto spesso di emozioni, è vero?

Direi che una delle virtù mediche è proprio quella di capire fin da subito con che tipo di paziente si ha a che fare, entra quindi in gioco l’aspetto psicologico, la capacità di intuire che tipo di carattere hai di fronte e quale potrebbe essere la strada migliore per risolvere il problema. Si tratta in molti casi di infondere sicurezza e tranquillità, di mettere in campo quell’empatia che consente di inquadrare meglio la situazione dal punto di vista emotivo.

Oggi si parla molto di umanizzare, si dà molta importanza alla persona che si ha di fronte, è così?

Il paziente chiede sicuramente la professionalità medica, ma desidera anche il conforto, una comunicazione che sappia collocare la sua situazione in un accettabile condizione psicologica. Non dobbiamo mai dimenticare che la sofferenza porta con sé tutta una serie di paure, di instabilità, di vuoti che hanno bisogno di essere colmati. La prima cosa che chiede un ammalato è: “Dottore, cos’ho”“È grave la patologia?”, il paziente cerca una persona di cui fidarsi, ha bisogno di trovare un po’ di sicurezza. Non dimentichiamo mai che il paziente si affida al medico, lo sente straordinariamente vicino, ne avverte tutta l’importanza. È in questo straordinario tipo di rapporto che si gioca molto spesso il buon esito di un incontro.

Vivere nell’urgenza e nell’emergenza che cosa ha determinato nella sua dimensione professionale?

Stare in prima linea mi ha permesso di stare a contatto con la vita reale. Quando sei all’università non hai la percezione della realtà, vivi un po’ isolato, in una campana di vetro, non hai rapporti con tanti problemi che effettivamente esistono nella nostra società, anche oltre il campo delle patologie. Chi lavora in un Pronto Soccorso vede il mondo. Fuori dal mondo ovattato del sistema universitario impatti con la vita reale, quella che è fatta di mille sfaccettature e dove diventa sempre più necessario compattare l’intelletto, la capacità professionale in senso stretto, con la dimensione umana della vita, quella che di solito si manifesta con un campo molto vario di emozioni. Vivere in prima linea è una formidabile esperienza di vita che consiglio a tutti.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login