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Economia

TRAMONTO

GIANFRANCO FABI - 17/03/2023

capitalismoIn questi ultimi dodici mesi non ci siamo fatti mancare nulla. La guerra scatenata dalla Russia, innanzitutto: una tragedia umana, prima che politica. E poi la crescita dei prezzi dell’energia con pesanti ripercussioni sulle spese delle famiglie. E quindi il ritorno dell’inflazione, quella perdita di valore della moneta che è la più ingiusta delle tasse.

Si è chiusa un’epoca, quella della globalizzazione fondata sul mercato libero, anche a livello internazionale, come fattore trainante della crescita economica e sociale. Ed hanno preso sempre più spazio i temi della difesa ambientale, della protezione della natura, della lotta contro i cambiamenti climatici.

Se mettiamo insieme questi elementi ne ricaviamo almeno una certezza: il capitalismo ha bisogno di una forte riforma se vuole sopravvivere a se stesso e se non vuole essere travolto dalle tentazioni sempre presenti di uno statalismo che rischierebbe di essere una soluzione peggiore del problema.

Lo dimostra il piano americano chiamato Ira, l’Inflation Reduction Act, un maxi intervento da 370 miliardi di dollari a favore del tessuto produttivo americano in teoria per contrastare l’inflazione e per realizzare politiche ambientali, ma con l’effetto di favorire la competitività, proteggendo la produzione del Paese a discapito del resto del mondo. Si tratta di aiuti di Stato che mettono a rischio la concorrenza agevolando le industrie Usa e quindi penalizzando quelle europee, non altrettanto aiutate dall’Ue. La costruzione di una nuova fabbrica di batterie elettriche verrebbe sussidiata fino a 800 milioni di dollari, mentre la stessa fabbrica in Europa potrebbe ricevere solo 155 milioni di dollari secondo le attuali sovvenzioni previste da Bruxelles. E non è un caso se una grande impresa tedesca, come Volkswagen, stia studiando proprio la possibilità di realizzare nuovi impianti negli Usa.

Una cosa è certa. Senza un intervento normativo e finanziario, più o meno forte, da parte degli Stati è illusorio pensare che le sole forze del mercato possano indirizzare le scelte delle imprese verso più costose logiche di sostenibilità. Ma è altrettanto vero che per essere efficaci gli interventi degli Stati devono indirizzare, ma non sostituirsi al mercato: le economie statali hanno dimostrato nella storia non solo inefficienza economica, ma anche pericolose tentazioni autoritarie e illiberali.

Un equilibrio difficile, ma necessario. Difficile perché bisogna superare i vecchi modelli economici e inventare di nuovi, necessario perché, come dimostra la siccità di questi mesi, gli squilibri ambientali cominciano a presentare il conto.

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