Diceva Giolitti che governare certi italiani non è difficile. È semplicemente inutile.
Italia, Varese. Dove l’amministrazione comunale decide, davanti all’evidenza di strade, portici e marciapiedi che paiono un percorso a ostacoli tra i bisogni corporali degli amici di tutti (quelli a quattro zampe), di far valere con le cattive un articolo recentemente inserito nel regolamento di igiene urbana cittadino.
La prescrizione (articolo 29 per l’esattezza) recita più o meno così: è obbligo dei proprietari degli animali a passeggio non solo raccogliere le loro deiezioni in apposito sacchetto, ma anche avere a disposizione una bottiglietta o una borraccia piene d’acqua per pulire il punto scelto dalla propria incolpevole bestiolina come toilette.
Da Palazzo Estense non sembrano chiedere la luna, effettivamente: una passata d’acqua e l’urina – così come l’alone lasciato delle feci – si dissolve, senza aspettare che vi provvedano i netturbini.
Res publica, argomentavano d’altronde gli abitanti del mondo civile 2000 e oltre anni fa: cosa di tutti, cosa quindi anche nostra, nei diritti e nei doveri.
I governanti di Varese sfoderano allora sia la carota che il bastone. La prima sotto forma di borracce prodotte in collaborazione con il nuovo gestore dell’igiene urbana, la ditta Sangalli, e regalate tramite gazebo, negozi del centro e veterinari. Come a dire: ti chiedo un sacrificio (che poi, intendiamoci, non si tratta di un’attraversata a piedi del deserto…) per il bene generale, ma ti do anche il modo per portarlo a termine senza aggravi, faccio io il primo passo. Un do ut des all’insegna del vivere civile.
Il secondo è la minaccia delle multe per i non ossequianti, una conseguenza naturale: dove c’è regola, non ci può non essere sanzione. Così in merito l’assessora San Martino: «Daremo modo a tutti di rispettare la norma, ma al tempo stesso chiederemo alla polizia locale e alla guardie ecologiche volontarie di fare dei controlli: chi verrà trovato senza borraccia o equivalente contenitore d’acqua verrà multato».
Pugno duro? Beh, meglio dell’alternativa: il passaggio da Città Giardino a Città bisognino.
In questo contesto ecco… lei. Il prototipo dell’inciviltà che in Italia e a Varese si nasconde dietro un bell’aspetto e una borsa di pelle. Lei, che passeggia in corso Matteotti proprio nel giorno in cui il Comune sceglie di presentare pubblicamente l’iniziativa delle borracce. Lei, che passa davanti al gazebo allestito con i contenitori in regalo, presidiato dalle Gev che si ingegnano a informare i cittadini con due parole e un sorriso. Lei, sui cinquanta-sessanta ma ancora piacente: bionda, ben vestita, senza un capello fuori posto, tale e quale il piccolo e simpatico amico che porta al guinzaglio, il cui colore del pelo pare perfettamente coordinato con il paltò della padrona.
Lei, che viene approcciata con grazia da una delle guardie del verde: «Buongiorno signora, la vuole una borraccia in regalo per quando porta fuori il cane?». Lei, che non si degna nemmeno di guardarla. Lei, che fa finta di non sentire anche il prosieguo del dialogo: «Signora, ha una borraccia o almeno una bottiglietta d’acqua con sé, vero? Me la fa vedere? Lo sa che è obbligatorio?». Lei, che finge di non sapere che a chiederle conto è stato un pubblico ufficiale, ancorché volontario. Lei, che saluta l’amica come se niente fosse e affretta il passo, perdendosi tra gli struscianti del corso di un normale sabato mattina.
Lei, così simile a tanti (non tutti, per fortuna) suoi (anzi nostri) concittadini.
Lei, che immaginiamo spesso indignata verso questo e quello. Lei, che le regole vanno rispettate però io… Lei, che probabilmente qualche volta avrà apostrofato sindaco e assessori sui social, stigmatizzandoli per le buche nelle strade o i sacchetti della spazzatura non ritirati in tempo o chissà quale altra mancanza.
Lei, che valida alla grande il brocardo “gli amministrati sono molto peggio degli amministratori”.
Lei, che personalmente ci dà più fastidio di un criminale (almeno quest’ultimo è di solito conscio di essere un povero disgraziato).
Lei, che dà piena ragione a uno dei padri della nostra patria.
Lei, che vorremmo leggesse questo articolo e si riconoscesse. Anche se, ne siamo certi, non riuscirebbe a provarne nemmeno un pizzico di vergogna.
You must be logged in to post a comment Login