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Economia

POVERI? NO, IMMOBILI

SANDRO FRIGERIO - 17/03/2023

Il presidente di Confindustria Varese Roberto Grassi

Il presidente di Confindustria Varese Roberto Grassi

Profondo Nord o profondo Sud? Siamo abituati a considerare le province a Nord di Milano – Varese, Como, Monza, Bergamo – nella “parte ricca del Paese”, eppure gli ultimi dati dell’Istituto Tagliacarne raccontano altro. I numeri del centro ricerche territoriali delle Camere di Commercio italiane – “think tank” anche dell’organismo al secondo piano di Piazza Monte Grappa a Varese – devono aver fatto fare un salto sulla sedia al terzo piano dello stesso palazzo, dove ha sede Confindustria Varese.

Secondo questi dati, la provincia di Milano, con 30.500 euro lordi annui scava un abisso nella classifica dei redditi da lavoro per abitante, seguita da Bolzano, con 18.942 euro. Varese è solo 61esima con soli 9.213 euro, Como é 59esima con 9.345 euro. Bergamo 29esima con 12.843. Migliore delle lombarde è Monza “periferia di Milano”, 22esima con 13.375 euro. Meglio di Varese e Como farebbero tra le altre Ascoli Piceno, Isernia, Ragusa, Matera, Siracusa. Possibile?

Valutazioni discutibili, perché le paghe (lorde) sono tutte quelle pagate dalle aziende di una provincia, ma sono poi divise non per il numero dei dipendenti bensì per la popolazione di quella stessa provincia. Per Varese quindi restano fuori i redditi dei 32 mila frontalieri (idem per Como) e delle decine di migliaia di pendolari che lavorano a Milano. Controprova: le ultime province italiane sono Rieti e Viterbo, “ree” di essere confinanti con Roma, destinazione di un altro fiume di pendolari. I dati però evidenziano una realtà: la provincia di Varese è luogo che attira per abitare, ma molto meno per lavorare.

A Roma, all’Istituto Tagliacarne, puntano il dito su un altro elemento: la diversa composizione dell’occupazione. «Questi dati riflettono la maggiore presenza nelle aree metropolitane di mansioni altamente specialistiche e manageriali, o in settori come la finanza, con stipendi conseguentemente più alti - dice Alessandro Rinaldi, direttore Ricerche dell’Istituto, che nota come – le aree metropolitane non solo attraggono lavoro e imprese, ma sviluppano opportunità di più alto livello». «Nell’immagine di questa ricerca c’è un problema di riequilibrio territoriale», dice a sua volta Giacomo Giusti, responsabile del Sistema Statistico Nazionale (Sistan) e coordinatore area statistica del Tagliacarne. «Un importante indicatore, quello del valore aggiunto pro capite, nel 2002 vedeva Milano avanti del 47,5% rispetto alle altre province lombarde. Nel 2021 tale divario è salito al 72,9%. Il resto della Regione ha perso terreno anche in campo nazionale: un problema evidente”.

Che Milano sia un grande magnete e che Varese sia schiacciata tra Svizzera e area metropolitana è un fatto, ma valutazioni ben diverse sulle medie “alla Trilussa” vengono da Confindustria Varese. Roberto Grassi, presidente da tre mesi dell’associazione che raccoglie 1.062 aziende per 66 mila dipendenti dice senza esitazioni: «Per avere un indicatore attendibile della realtà del nostro mondo del lavoro occorre rapportare le retribuzioni di un territorio con gli addetti che le percepiscono». Gli industriali hanno varato da poco il piano #Varese2050 che considera tra l’altro proprio la «retribuzione per dipendente e non genericamente per residente - sottolineano in Confindustria e, precisa Grassi – i dati delle retribuzioni orarie del settore privato collocano Varese tra il 9° e l’11esimo posto secondo gli anni. Siamo al vertici della classifica nazionale». Valori in linea, tra l’altro, con classifica dell’Osservatorio Job Pricing-Adecco (Varese nona con 31.351 euro, solo il 12% meno di Milano).

Retribuzioni e produttività non sono un punto debole, «Semmai il problema è l’erosione della ricchezza accumulata e la perdita di competitività dovuta soprattutto ad un rallentamento del fermento imprenditoriale – avverte il presidente - Parliamo della capacità di generare nuova impresa, nuova occupazione e innovazione. È qui che si annidano i rischi di immobilismo».

Che fare allora? Grassi indica cinque assi per Varese: «Pensiamo alla creazione di un acceleratore di imprenditorialità e di competenze attraverso il progetto Mill, un polo di innovazione e servizi che sorgerà a Castellanza accanto alla LIUC, a una politica di sviluppo locale che ponga al centro le numerose specializzazioni industriali in cui siamo ancora forti, la costruzione di un nuovo ecosistema dell’innovazione, poi all’investimento nel settore della logistica e dei trasporti come fattore di crescita economica e occupazionale e la trasformazione di Varese in una “wellness destination” in grado di attrarre turismo sportivo e culturale».

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