Per una settantina d’anni letteralmente immerso nello sport: è questo l’invidiabile traguardo che ha tagliato Armando Crugnola, classe 1945, giocatore, poi allenatore, preparatore atletico, team manager, direttore di strutture sportive.
Il basket è stato la sua vita ma non ha disdegnato un’incursione nell’hockey su ghiaccio, prodiga di soddisfazioni non meno di quelle raccolte con la palla a spicchi.
E questa “polivalenza” gli ha riservato il rarissimo privilegio di avere vinto due scudetti: prima nell’hockey come preparatore atletico dei Mastini (1989) e poi nel basket come team manager dei Roosters (1999).
E tutto questo esercitando sempre, nel frattempo, la professione di insegnante di educazione fisica, attività intrapresa dopo il diploma Isef e svolta sino alla pensione.
Per ricordare nel dettaglio le mille vite sportive di Armando Crugnola ci vorrebbe un libro; in un articolo ci si deve accontentare di poche “pillole”… “Ho cominciato a giocare a basket all’oratorio, perché a quei tempi il minibasket non esisteva. Sono arrivato a giocare anche in serie A con l’Algor e poi con la Gamma, togliendomi dunque delle soddisfazioni, come quella di essere per un anno il miglior realizzatore della serie B (all’epoca secondo campionato nazionale, n.d.r.); quell’anno in squadra c’erano anche i giovanissimi Meneghin e Bisson. Ho smesso di giocare molto presto, anche perché mi venne offerta l’opportunità di dirigere il neonato Centro Robur et Fides di via Marzorati”.
Un’esperienza che Crugnola ha poi ripetuto, in periodi successivi, con il Tennis Club di Casciago, con il Palaghiaccio di via Albani e infine con il Campus.
Nel basket ha ricoperto diversi ruoli (allenatore, vice, preparatore atletico, team manager) accanto a tecnici di grande prestigio, da Gianni Asti a Richard Percudani, da Riccardo Sales a Giancarlo Sacco e Carlo Recalcati… “Asti era un cultore dei fondamentali e in effetti sotto la sua spinta la Robur et Fides ha “prodotto” giocatori in quantità, tutti molto dotati tecnicamente grazie a questa impronta. Percudani era molto preparato tecnicamente, con un carattere fumantino; anni dopo mi disse che sarebbe stata sua intenzione, già nella stagione successiva a quella in cui venne invece esonerato, di affidarmi il ruolo di allenatore tenendo per sé quello di direttore tecnico. Riccardo Sales avrebbe preferito accanto a sé un giovanissimo Sergio Scariolo, già suo vice a Brescia, ma la cosa non si concretizzò (e penso che Sergio mi serbi per questo della gratitudine, perché forse la sua carriera avrebbe avuto un diverso sviluppo); Riccardo era molto esigente, mi avrebbe voluto a tempo pieno ma io non me la sentii di lasciare l’insegnamento scolastico. Sacco, preparatissimo tecnicamente, era a tratti persino geniale ma anche un po’ “disordinato”; nella stagione successiva alla finale scudetto del 1990 fu penalizzato dalla scelta dei giocatori stranieri, a cominciare da Cummings. Recalcati, che conoscevo molto bene già prima del suo arrivo a Varese, è preparatissimo ma soprattutto è umanamente e psicologicamente super; non è un caso che abbia saputo gestire così bene Pozzecco, con il quale mantiene ancora oggi un eccellente rapporto”.
Da allenatore “titolare”, ruolo non spesso ricoperto, Crugnola ha all’attivo la conquista della Coppa Svizzera del 1979 con il Lugano che ha allenato per tre stagioni.
Tra i mille bellissimi ricordi delle stagioni con i Roosters di Carlo Recalcati, Crugnola sceglie di citarne uno che, almeno per una notte, gli tolse il sonno… “Sono il team manager, dunque anche responsabile della “burocrazia” della squadra. Andiamo a giocare in Turchia e ho con me la valigetta con i documenti personali di tutti i componenti del gruppo e i cartellini dei giocatori. La sera prima della partita andiamo al palasport per l’allenamento e decido, anche se non ce ne sarebbe bisogno, di portare con me la valigetta, nel timore che qualcuno in albergo possa sottrarla. Al rientro in albergo mi accorgo di averla dimenticata; inutile una corsa in taxi per recuperarla: il palasport è chiuso! Ne parlo solo con Recalcati, che si dimostra molto comprensivo. Inutile dire che la notte non chiudo occhio e il giorno dopo, di primo mattino, torno al palasport dove, con enorme sollievo, ritrovo la valigetta intonsa. Ma che spavento!”.
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