Dall’11 al 19 marzo il Centro Culturale Numm di Gorla Maggiore ospiterà una rassegna dedicata alla Ferrovia della Valmorea. Saranno esposte foto storiche, altri documenti, modellini. E il 16 marzo si terrà un convegno per parlare della riattivazione di questa strada ferrata che dopo essere stata lanciata in pompa magna (parliamo dell’inizio del secolo scorso) ha subito un progressivo decadimento fino alla sospensione decretata a metà anni 70 seguita da tentativi, altalenanti nel successo e comunque incompleti, di riaprirla con scopi turistici. Oggi un recente finanziamento della Regione (10 milioni di euro) permetterà il suo ritorno in vita fino a Malnate Olona, con partenza o da Mendrisio (capolinea originario) o dal confine italiano. Ma questo è solo un primo passo che negli intenti dell’Associazione Amici della Valmorea, attivo da anni, deve condurre al più presto al ripristino totale della linea.
Serve ora una breve digressione di ordine storico. L’idea che nella Valle Olona ci potesse essere un servizio ferroviario Sud-Nord (e viceversa) risale a inizio Novecento. Il primo tratto, da Castellanza a Cairate, fu aperto il 18 luglio 1904. Seguirono (31 dicembre 1915) il segmento Cairate/Lonate Ceppino-Malnate e, subito dopo, la sezione fino a Valmorea. Venne poi creata una società ad hoc che costruì il tronco sul territorio svizzero, appunto fino a Mendrisio. Il 28 giugno 1926 la Valmorea, destinata sia al traffico passeggeri sia a quello merci, diventò la prima ferrovia transnazionale italiana. Ma nel 1928, su ordine del governo fascista che puntava all’autarchia, non fu più possibile entrare in Svizzera: la frontiera fu chiusa a Santa Margherita di Stabio. Gli svizzeri continuarono a usare il loro breve pezzo per il traffico merci, ma la valenza della linea aveva incassato un corpo mortale. Il declino fu inesorabile: il 1952 segnò la fine dei convogli passeggeri, il 1977, con la chiusura della Cartiera Vita Mayer, sancì anche lo stop del traffico merci. Seguì un lungo e paradossale oblio – la Valmorea non è soppressa, come detto è solo sospesa – con i tentativi di rivitalizzarla a scopo turistico tra fine anni 90 e gli albori del terzo millennio. I convogli, saltuari e solo estivi, partivano a Rodero-Valmorea e arrivavano a Malnate Olona. Ma dopo il 2007 anche queste iniziative andarono… sul binario morto.
Non è mai cessata, invece, l’attività dell’Associazione e la decisione della Regione di finanziare la riapertura (ancorché per ora parziale) è un successo. Ma la Valmorea merita una riflessione più ampia. In chiave turistica, visti i luoghi che tocca (Castiglione Olona, Torba, i vecchi opifici, un punto di contatto, a Malnate, con le porte di Varese), potrebbe avere un’importanza strategica. Per dirla tutta: se fosse negli Usa, dove costruiscono un business addirittura su un semplice punto geografico (il famoso Four Corners), la Valmorea sarebbe una miniera di iniziative. E di soldi. Infine, dato che ha solo senso ripensarla in maniera complessiva (ci sarà giusto da aggirare la diga di Gurone, costruita interessando il percorso originario), perché non ripristinare la sua vocazione di ferrovia “globale”? Sarebbe importante per la Valle, per i frontalieri ed essere, ora che va di moda l’interscambio con una mobilità green, un’occasione per sviluppare formule moderne basate su treno – o su una tramvia leggera, come esiste sull’altipiano di Renon – e bici. Già, perché la pista ciclopedonale che esiste da anni sul sedime della Valmorea non sarebbe affatto messa in un angolo. ma semmai valorizzata.
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